La nascita
Gli
italiani appresero che si sarebbe costituito un nuovo Stato in occasione del
discorso di Mussolini pronunciato da Radio Monaco il 18 settembre 1943. Oltre
alla sorpresa di sentire di nuovo la voce del Duce, che era letteralmente
scomparso dal 26 luglio 1943 si apprese un nuovo elemento che avrebbe interessato
la coscienza di ogni italiano. Lo Stato che si andava a costruire con un
proprio Governo voleva riprendere le armi e combattere a fianco della Germania e
del Giappone e degli altri Stati alleati alla Germania, ricostruire nuove forze
armate; eliminare i traditori del fascismo a tutti i livelli, quindi una sorta
di vendetta che avrebbe portato ad uno spargimento di sangue tra italiani, ed
infine porre al centro della politica il lavoro come base della società del
nuovo stato, in una sorta di socialismo rigenerato.
Mussolini fu preceduto nel suo
rientro in Italia da Pavolini che fissò a Roma a palazzo Wedekind il Quartier
Generale del Partito. Iniziarono le trattative per la formazione del Governo,
con Pavolini come esponente centrale di ogni trattativa. Secondo il giudizio
dell’ambasciatore tedesco a Roma Rahn “ la formazione del nuovo governo fascista
repubblicano da parte di Pavolini è stata una tragicommedia piena di intrighi
disgustosi per i posti e le occulte rivalità”.[1]
Emersero le situazioni a Roma che si erano annunciate al Quartier generale del
Fuhrer a metà settembre in cui il gruppo dei gerarchi, appoggiato da quel o
quell’altro ministro tedesco, tutti tesi ad ingraziarsi i favori del Duce ed
acquisire la sua fiducia, ognuno vantandosi anche a sproposito di avere notizie
e conoscenze fondamentali soprattutto nell’atteggiamento tedesco, da cui
dipendeva tutto. Mussolini non riuscì a dominare tutto questo, anzi lo favoriva
nel solco delle esperienze precedenti. Sarà una caratteristica della Repubblica
Sociale questa lotta fra gerarchi che non solo la indebolirono ma la
screditarono ancor più agli occhi dei tedeschi. La stessa posizione del Duce ne
ebbe conseguenze disastrose in termini di immagine e di credibilità. L’aver
convinto il maresciallo Graziani ad assumere il dicastro della Difesa, secondo
Rahn, sollevo di non poco il prestigio del nuovo governo, anche se questo poi
si rileverà un altro fattore di debolezza e di dissidio.
Il 23 settembre 1943 Mussolini da Monaco in
volo raggiunse l’aeroporto di Forlì. Qui era atteso dall’ambasciatore Rahn e
dal generale delle SS Wolff, che gli schierò la guardia delle SS, per la resa
degli onori. Detta guardia che per espresso volere di Hitler fu distaccata
presso Mussolini. In pratica fin dal primo momento del suo arrivo in Italia un
plotone di SS controllava tutti i movimenti e le azioni di Mussolini ai diretti
ordini di Wolff. Questo plotone seguirà Mussolini fino a Dongo, il 27 aprile
del 1945 e non lo lascerà un solo istante.
La nascita della Repubblica
Sociale può essere fatta risalire al 23 settembre, giorno in cui Mussolini
arrivò in Italia, oppure al 27 settembre, giorno in cui Mussolini convocò il
primo Consiglio dei Ministri alla Rocca delle Camminate. In questo arco di
tempo Mussolini ebbe modo di farsi un quadro definitivo ed esaustivo del
collasso sia del Partito Nazionale Fascista a luglio sia a seguito della crisi
armistiziale. Il nuovo Stato aveva teoricamente giurisdizione nelle provincie
centro-settentrionali, ma era senza capitale, in quanto Roma era stata dichiara
dai tedeschi territorio operativo e quindi sotto il loro totale controllo,
senza un esercito ovvero senza forze armate, senza una amministrazione civile,
con una minaccia reale a sud dall’azione delle forze alleate. Ma la cosa più
grave era che vi era la presenza di armate di un alleato, quello tedesco, tanto
potente quanto scettico i cui organi civili e militari occupavano in realtà
tutto il territorio del nuovo Stato, emettendo moneta propria, requisendo
fabbriche e installazioni e dando ordini alle autorità civili italiane ancora
esistenti.
Le decisioni adottate nel primo
Consiglio dei Ministri sono i primi passi della Repubblica Sociale Italiana, e
non furono tutti felici. Mussolini non ebbe successo presso i tedeschi ad avere
Roma come capitale del nuovo stato; Roma godeva dello status di “Città Aperta”
ma era anche vitale come immediata retrovia del fronte meridionale tedesco. Il
non aver avuto Roma come capitale simboleggiava agli occhi degli italiani lo
sfacelo dell'Italia son solo come entità territoriale, ma anche come entità
storica. Come poteva nascere un nuovo Stato di unità nazionale senza la
capitale storica. Si dovette ripiegare su un'altra località, possibilmente
vicina al Quartier generale delle forze tedesche che era a Belluno. Nei giorni
seguenti furono trovate soluzioni vari ed alla fine gli organi del nuovo stato
si trasferirono al nord e Mussolini fisso la sua residenza a Villa Feltrinelli
a Salò, sulla riva occidentale del lago di Garda. Da qui l’appellativo di
Repubblica di Salò dato al nuovo Stato. Gli altri ministeri trovarono sede in
città limitrofe, tra cui Brescia, Venezia, Mantova ecc. In pratica la
Repubblica Sociale Italiana non ebbe una concentrazione in un luogo geografico
di tutti i suoi organi, ovvero una capitale. Il fatto che non fu scelta Milano,
sfruttando il sempre esistente dualismo tra questa città e Roma, sottolinea
ancora una volta il reale potere che Mussolini deteneva nel settembre del 1943.
Ribbentrop diede subito istruzioni
ai Paesi della coalizione hitleriana di riconoscere ufficialmente il nuovo
governo italiano. Aderirono la Romania, la Bulgaria, la Croazia, la Slovacchia.
L’Ungheria dopo forti pressioni tedesche ed infine anche il Giappone per dare
ancora una parvenza al Tripartito. Fra i neutrali i tedeschi non ebbero
successo. Soprattutto Franco, il fascista dittatore spagnolo fu brutale: ebbe
modo di dire che Mussolini era solo un’ombra ed il suo potere si basava solo e
solamente dove c’erano truppe tedesche. La gratitudine non era la maggior virtù
del dittatore fascista spagnolo.
Il 29 settembre in un colloquio
con Rahn, Mussolini espresse l’opinione che la situazione era disperata e che
lui non vedeva alcuna via d’uscita. Una ipotesi poteva essere quella di
convocare una Assemblea nazionale al più preso in cui chiamare autorità locali,
veterani fascisti, i rappresentanti dei lavoratori e dei contadini, e uomini di
buona volontà per trovare una soluzione. È l’idea del Congresso di Verona.
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