LA GUERRA DI LIBERAZIONE
La coalizione hitleriana
Il nemico
Per gli Italiani iniziava quello
che abbiamo definito il momento delle scelte, ovvero decidere da che parte schierarsi,
dalle cui scelte si formarono i cinque fronti della Guerra di Liberazione. Una
guerra che avrebbe deciso il futuro del Paese. Come ogni guerra vi era il
nemico.
Nella condizione in cui si trovava
l’Italia e gli Italiani nel settembre
1943 i nemici non erano due, ma in un concetto molto più ampio, erano tre.
Il primo nemico era la Germania,
che combatteva la sua guerra per un ordine nuovo e, vista la scissione tra
l’alleato fascismo italiano e la monarchia, con cui aveva combattuto per oltre
39 mesi, ora vedeva l’Italia come un nemico individuato nel Re e nel suo
governo che furono oggetto di estremo disprezzo, tanto da definire coloro che
obbedivano al Re ed al suo governo, che era pur sempre l’espressione
istituzionale di un Paese sovrano, come “badogliani”, cioè “traditori”. La
Germania interpretò a suo modo la vicenda armistiziale, ma dal punto di vista
del Diritto Internazionale non vi è nessuna cesura tra il regno d’Italia e
quello che espressioni improprie chiamano il Regno del Sud. Vittorio Emanuele III
era il Re d’Italia e come tale continuava ad esistere, pur governando solo
quattro provincie. Un qualcosa di più, però, della regina d’Olanda, del re di
Norvegia, che nel 1940 si rifugiarono Londra con il loro stato occupato; e
sempre qualcosa di più del re di Danimarca e del re del Belgio che rimasero
nelle loro paesi.
Il voler uscire dall’alleanza da
parte della monarchia Italia, che tre mesi prima si era sganciata dall’alleanza
con il movimento fascista contratta nel 1922, e durata attraverso il regime
fascista non fu accettato dalla Germania che reagì occupando il territorio
italiano, prima in maniera subdola, dalla caduta del fascismo in poi, poi con
brutalità e odio al momento dell’annunzio dell’armistizio. Una azione di pura
forza che pone la Germania nel campo dei “nemici” dell’Itala, e la monarchia,
anche con tutto il suo passato, la sua adesione al fascismo, sia movimento che
regime, nel campo di coloro che, non accettando questa prova di forza e
l’occupazione tedesca, si iscrisse di fatto e di diritto nei componenti della
Guerra di Liberazione.
Scrive Elena Aga Rossi:
“A lungo la storiografia ha semplificato la ricostruzione del periodo successivo
all’8 settembre utilizzando la contrapposizione fascismo-antifascismo come unica
chiave interpretativa di quegli avvenimenti (che nel nostro approccio
significa il momento delle scelte. n.d.a) sostituendo
alla complessità dei casi una visione unilaterale ed inadeguata a capire cosa
fosse realmente successo. Invece la scelta di combattere i tedeschi fu per lo
più determinata non dall’ideologia politica ma dal senso del dovere, dall’onore
militare e dall’orgoglio nazionale”[1]
Non per altro si parla di Secondo
Risorgimento per gli Italiani che fecero questa scelta, nel solco della
opposizione al tedesco con temi risorgimentali per riavere un Italia, prima,
per poi avere un Italia con aggettivi, dopo.
[1]
Aga- Rossi E., La Resistenza dei militari
nei Balcani, in Ceci L. (a cura di) La
Resistenza dei Militari, Roma, Annali del Dipartimento di Storia 2,/2006,
Università degli studi di Roma “Tor Vergata” Facoltà di lettere e Filosofia,
Biblink Editori, 2006
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