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domenica 18 giugno 2017

Riceraca Parametrale n. 542. Notizia del 30 maggio 2017

 G7 Taormina, Siria, Francia-Ue
Newsletter n° 542 , 30 maggio 2017

Un G7 che lascia l'amaro in bocca, quello conclusosi a Taormina, 
tranne che per la buona prova offerta dalla macchina
 organizzativa italiana. Tutti d'accordo sulla lotta al terrorismo,
 pochi giorni dopo l'attacco di Manchester; ma non c'è sintonia
contro il cambiamento climatico. Donald Trump si sfila, e Angela 
Merkel non le manda a dire: impossibile contare sugli Stati Uniti.
 Sulla Siria, invece, tre potenze non presenti in Sicilia (Russia, Iran e Turchia)
 riescono a fare dialogare quasi tutte le parti in causa: nuovi equilibri
 sono all'orizzonte? Emmanuel Macron, protagonista del Vertice
dei Grandi, ha ieri incontrato a Versailles il presidente russo Vladimir 
Putin e si prepara a condurre la sua République En Marche alla 
battaglia delle legislative francesi: battuti (per ora) i nazionalismi,
 e con le sinistre tradizionali che annaspano, quali nuove vie si 
aprono per l'offerta politica europea? Proprio da Parigi arriva 
intanto un sistema di etichettatura alimentare che preoccupa il Made in Italy.


Elezioni in Olanda e in Francia
Sconfitta nazionalismo e débâcle sinistre
Eleonora Poli
27/05/2017
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Nei primi mesi del 2017, l’Unione europea è stata teatro di elezioni nazionali in Olanda in Francia dove, mai come ora, lo spettro del nazionalismo sembrava potere stravolgere il futuro dei due Paesi e quello del progetto di integrazione europea. Ad oggi, il dato interessante che si evince dai risultati elettorali non è tanto la sconfitta dei movimenti nazionalisti ed anti-europei, quanto la disfatta dei partiti tradizionali di sinistra, che potrebbe condizionare l’imminente futuro politico dell’Ue.

Nazionalisti battuti, ma mai così bene
Nel caso dei partiti nazionalisti, si deve parlare di sconfitta parziale perché sebbene sia in Olanda che in Francia il Partito per la Libertà (PVV) e il Front National (FN) non siano riusciti ad esprimere governi nazionali hanno avuto un successo elettorale mai registrato prima d’ora. In Olanda, il PVV, con una campagna elettorale islamofoba,votata a cancellare l’immigrazione e a ridurre l’Ue ad un semplice mercato unico, è riuscito ad attestarsi 20 dei 150 seggi, 6 in più rispetto al 2012, divenendo così il secondo partito del quadro politico olandese.

In Francia, al secondo turno delle elezioni presidenziali, il Front National, con una campagna nazionalista, euroscettica e anti-globalizzazione, si è ascritto il 33,94% delle preferenze con oltre 10,6 milioni di voti. Anche quest’ultimo è un trend nuovo, se si considera che, nelle elezioni presidenziale del 2002, l’allora leader del Front National, Jean Marie Le Pen, aveva avuto solo il 17.8% dei voti contro l’82,2% del candidato repubblicano Jacques Chirac.

Sinistra tradizionale, mai così male
Se per i partiti euroscettici e nazionalisti si può dunque parlare di sconfitta parziale, non si può dire altrettanto dei partiti tradizionali di sinistra. In Olanda, lo storico Partito laburista (PvDA) ha ottenuto solo 9 seggi, 30 in meno rispetto al 2012, mentre in Francia, il Partito socialista (PS) guidato da Benoît Hamon ha registrato solo il 6,4% dei consensi elettorali. I motivi che spiegano l’affossamento della sinistra tradizionale sono identificabili in tre fattori principali: l’andamento economico, la crisi dei valori di solidarietà universale propagati dalla sinistra e gli effetti della globalizzazione sull’elettorato.

Dal 2007, l’Ue ha vissuto una crisi economica senza precedenti, crisi che, sebbene non abbia intaccato tutti i Paesi membri allo stesso modo (in Francia, nel 2016 la crescita del Pil era attorno al 1,2%, mentre in Olanda era del 2,2%, contro una media europea dell’1,6%), ha avuto come unica risposta l’attuazione di politiche di austerità.

In questo frangente, il fallimento del PS in Francia può essere legato all’impossibilità del governo socialista di Hollande di rispondere in maniera efficace alla crisi se non attuando politiche di austerità per cercare di rimanere in linea con i parametri economici imposti dal Patto di Stabilità. Risultato di fatto non ottenuto, visto che la Francia non ha comunque raggiunto l'obiettivo di non superare il 3% di deficit rispetto al Pil.

Diversamente, nel caso olandese, nonostante le performance economiche nettamente migliori, il PvDA, come membro della colazione di governo guidata dal partito di destra di Mark Rutte, il Partito della Libertà e Democrazia (VVD), ha tuttavia appoggiato politiche di austerità che hanno portato a tagli, seppur parziali, delle pensioni o del sistema di sanità, intaccando cioè quei baluardi di equità sociale di cui il Partito laburistasi era da sempre fatto garante.

Crisi di sicurezza sia materiale che valoriale
Al di là dell’economia, il diniego di supporto verso la sinistra tradizionale è dovuto anche alla crisi di sicurezza sia materiale che valoriale, che l’Ue sta vivendo e che viene molto spesso, e a torto, legata alle ondate migratorie. Per loro natura, sia il PS che il PvDA hanno un approccio universalistico di solidarietà sociale che può difficilmente supportare forme di chiusura, soprattutto verso la questione migratoria.

In conformità con questa linea politica, la Francia solo nel 2016 ha registrato più di 86 mila domande di asilo, mentre l’Olanda, dove il PvDA era un partito all’interno di una coalizione, solo 20 mila, il 50% in meno rispetto al 2015. Per questo motivo, in Francia, anche a seguito dei numerosi attentati terroristici, tale forma di solidarietà si è scontrato con il clima di profonda insicurezza, sia materiale che valoriale, che la società francese sta vivendo. In Olanda, invece, il PvDA, adottando politiche non sempre coerenti con la propria ideologia di solidarietà sociale ed economica, ha perso immediatamente credibilità.

A questo dilemma si deve poi aggiungere anche il fatto che l’elettorato francese ed olandese, come del resto quello europeo, non può più essere diviso in cluster sociali di facile identificazione, ma è divenuto molto più complesso, creando spaccature all’interno della società. Sia in Francia che in Olanda, anche se con diverse intensità, non c’è più una contrapposizione politica tra classi sociali, ma tra individui che sentono di beneficiare più o meno della globalizzazione.

Ad oggi, la cosiddetta “workingclass”, storicamente base elettorale dei partiti socialisti, non guarda più necessariamente a sinistra per risolvere i propri problemi. D’altro canto, dall’essere la voce del popolo, le sinistre tradizionali, quando rispettano i propri valori di solidarietà universale, vengono molto spesso identificate come partiti delle élite culturali, perché giudicate incapaci di declinare azioni politiche nazionali concrete a favore dei cittadini meno abbienti. Dall’altro, quando si adeguano a politiche non in linea con i propri ideali, perdono legittimità.

Le vere novità sulla scena europea
Proprio per questo, se le sinistre tradizionali sono state affossate, movimenti politici come En Marche, che con un anno di vita è riuscito a vincere le elezioni presidenziali in Francia, o come il Partito dei Verdi in Olanda, che ha ottenuto 14 seggi rispetto ai 4 delle precedenti elezioni, trionfano. Questi ultimi sono la vera innovazione nello scenario politico.

Da un lato, avendo un occhio fermo sulle questioni di iniquità sociale, che vanno dall’inquinamento ambientale all’accesso ai servizi, si presentano come movimenti politici dalla visione globale, perché fanno appello proprio alle istituzioni sovranazionali, come quelle europee, per risolvere questioni che affliggono sì il loro elettorato ma anche la maggior parte dei cittadini europei e non solo.

Ne è esempio la proposta di Macron di creare un fondo di investimenti per rilanciare l’economia europea e il welfare dei cittadini. Dall’altro, non avendo una base ideologica così rigida, possono più agilmente adattare la propria campagna elettorale ad un elettorato poliforme, mutuando idee, sia in campo economico che sociale, sia da destra che da sinistra senza perdere credibilità. In terzo luogo, non avendo mai governato, non devono fare i conti con azioni politiche pregresse.

In conclusione, non è tanto che le politiche di sinistra non siano più applicabili oggi, ma in una società composta da gruppi sociali non facilmente identificabili, e le cui cause di malessere non sono molto spesso risolvibili a livello nazionale, l’ideologia della sinistra tradizionale diviene nel migliore dei casi un’eredità pesante.

Da un lato, come è successo in Olanda, ogni volta che un partito di sinistra agisce in maniera pragmatica, accettando riforme che non sono consone alle proprie ideologie, perde legittimità. Dall’altro, in un mondo così connesso, dove le crisi non sono molto spesso risolvibili a livello nazionale, i partiti della sinistra tradizionale, come il PS, che esprimono la necessità di solidarietà universale, sembrano poi non essere in grado di espletare le proprie promesse.

In un momento storico di grandi trasformazioni, dove nazionalismo e xenofobia rimangono comunque alle porte, c’è sicuramente ancora bisogna della sinistra tradizionale, che, per non svanire, ha bisogno di rinnovarsi, traducendo la propria crisi esistenziale in una spinta riformista.

Eleonora Poli è ricercatrice dello IAI.



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