ALBO D'ORO NAZIONALE DEI DECORATI ITALIANI E STRANIERI DAL 1792 AD OGGI - SITUAZIONE

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Palazzo Salviati. La Storia

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giovedì 30 aprile 2020

Emeroteca: Rivista MIlitare

La Emeroteca del CESVAM (www.cesvam.org) raccoglie le riviste edite dal mondo associazionistico militare, come fonte di cerca e come fonte iconografica. Raccoglie anche le riviste di Carattere Militare. Qui oggi è rappresentata la Rivista Militare.   Alla data odierna vi sono  n. 24 fascicoli per gli anni 2010-2020.  (info: ricerca.cesvam@istitutonastroazzurro.com

sabato 25 aprile 2020

La Coalizione hitleriana:. La scelta della Repubblica Sociale Italiana


oggi 25 aprile anniversario della liberazione celebrato in un clima particolare data l'emergenza nazionale. E' interessante andare a vedere le scelte iniziali della Repubblica Sociale Italiana per comprendere la scia di sangue a cui questa data ha posto termine                                                                                                                                                     Il Congresso di Verona                                                                                       
 La Repubblica Sociale Italiana, come Stato, doveva avere una sua legge fondamentale, che nell’ottobre 1943 non esisteva. In numerose occasioni vari esponenti, tra cui Mussolini, avevano annunciato che quanto prima si sarebbe convocata una Assemblea Costituente per dare un quadro fondante a tutto lo Stato. Peraltro nel momento in cui si passava dalle intenzioni ai fatti vi erano grossi problemi formali. Guerra in corso, molta parte del territorio italiano era controllato da forze considerate nemiche. Quindi non era il caso di rinviare la convocazione di questa assemblea al termine della guerra; peraltro si doveva dare un punto di riferimento giuridico formale alla amministrazione dello Stato che funzionava solo di fatto. A questa Assemblea dovevano partecipare tutte le componenti della vita pubblica e sociale, ma non era il caso di formare altri partiti, quindi l’unico partito ammesso era il Partito Fascista Repubblicano, a questo organismo fu demandata la organizzazione dell’Assemblea.
Scrive Deakin:
C’erano è vero alcune importanti tendenze verso un riformismo nel partito stesso e sintomi di ribellione contro la direzione di una cricca che aveva tutti i difetti del vecchio apparato del partito. Sia questo atteggiamento critico sia quel desiderio di revisione dei passati errori si erano manifestate in assemblee nella città della provincia e sulla stampa locale. La macchina del partito correva il pericolo di perdere il controllo. Era quindi essenziale per ragioni tattiche, riportare la discussione al centro, e aprire, come valvola di sicurezza, una inchiesta ma sotto la guida diretta degli stessi gerarchi. Questo fu lo scopo del Congresso di Verona e fu compito e responsabilità personale di Pavolini organizzare il dibattito intorno ad un manifesto già preparato in cui si raffigurava l’autorità del partito[1]
Era un'altra truffa verso i suoi aderenti ed un altro fallimento del fascismo, in cui Mussolini non intendeva minimamente prendervi parte, rimanendo estraneo ad ogni contrapposizione e non impegnarsi nemmeno a favore del segretario del partito.
Nelle more della preparazione di questo evento l’idea di convocare una Assemblea Costituente fu sostituita da quella di convocare i delegati del ricostruito Partito Fascista Repubblicano di tutta l’Italia settentrionale. Questo cambiamento rispetto alle intenzioni aveva un significato molto preciso. Il partito doveva essere al centro dello Stato. Nonostante un documento preparato da Mussolini, il Manifesto del Partito fu elaborato negli uffici di Pavolini, e la bozza finale fu sottoposta a Mussolini che la approvò. Questo documento constatava di 18 punti i quali dovevano soddisfare richieste contrastanti: si voleva il partito alla guida di un movimento socialista repubblicano unitario e rispondente al desiderio di giustizia sociale; nel contempo non concedeva nulla al popolo, alle sue espressioni, al suo controllo, ma è tutto incentrato in modo ferreo nelle mani del neonato partito fascista. Il documento stabiliva inoltre che sarebbe stata convocata una Assemblea Costituente, espressione di un potere di origine popolare, che avrebbe dichiarato decaduta la monarchia in Italia proclamato la repubblica sociale e nominato il suo capo, che sarebbe stato scelto dai cittadini ogni cinque anni. Quindi si introduceva la possibilità, se l’Assemblea Costituente avesse terminato i suoi lavori, che il Capo poteva anche cambiare. Ovvero Mussolini poteva anche non essere rieletto dai cittadini, capo della Repubblica Sociale Italiana.
Interessante notare che uno dei punti del Manifesto prevedeva che nessun cittadino poteva essere trattenuto senza un mandato dell’autorità giudiziaria. La religione della Repubblica era quella Apostolica Romana, con il rispetto degli altri culti. Ma una aggiunta prevedeva che nel corso di questa guerra gli appartenenti alla razza ebraica erano considerati nemici. In materia sociale la Repubblica si sarebbe fondata sul lavoro manuale, tecnico e intellettuale, con l’obbiettivo di risolvere in modo totale le aspirazioni e le necessità delle classi lavoratrici italiane. Via via che si leggono gli altri punti emergono fortissime contraddizioni che oscillavano tra una profonda avversione verso i venti anni di regime, che purtuttavia era fascismo, ed una volontà di essere puri e duri, ed un ritorno alle origini non ben definite, ma idealizzate e quasi santificate.
Il 14 novembre 1943 nella sala di Castelvecchio a Verona si aprì questo congresso presieduto da Pavolini in una atmosfera di esaltazione, voglia di rinnovare, e paura, nella consapevolezza di essere una minoranza isolata ed assediata. Il discorso di apertura fu tenuto dallo stesso Pavolini e si svolse fra continue interruzioni della platea, quasi un contraddittorio tra il segretario ed i delegati. Poi ci furono gli interventi variegati che oscillavano tra l’arringa, il velleitarismo, i desideri ma soprattutto chiedendo vendetta per i “traditori” del 25 luglio, in primo luogo Galeazzo Ciano.
In questo clima surriscaldato ed esaltato giunse la notizia che il segretario del Partito di Ferrara era stato ucciso. Senza approfondire cosa realmente fosse accaduto squadre di fascisti partirono da Verona e da Padova e compirono la loro rappresaglia, uccidendo 17 persone scelte tra quelle che avevano fama di essere o antifasciste o tiepide verso i fascisti, per “dare l’esempio”. Ferrara segnò la fine di ogni illusione e di comprensione con l’altra parte e il nuovo corso che Verona voleva inaugurare sboccò solo e solamente nella vendetta e nel sangue. I giorni successivi al 25 aprile 1945 sono la diretta conseguenza di questa iniziale scelta degli estremisti fascisti.
Il Congresso di Verona, a cui parlò anche Renato Ricci condannando l’idea di un esercito apolitico, vide altri interventi in una terribile confusione di idee sulla struttura della nuova Repubblica. Ad un certo punto Pavolini prese la parola, dopo aver constatato che il Congresso aveva chiesto la costituzione di un tribunale speciale “per i traditori del 25 luglio”, pose fine ai lavori con queste parole
Degli altri problemi che avete sollevato, è stata presa accurata nota. Il Duce mi ha detto di avere qui quattro buoni stenografi “perché voglio sapere tutto ciò che i camerati delle provincie hanno avuto da dire e hanno pensato di dire”.[2]
Poi Pavolini chiuse ogni discussione. Il Manifesto di Verona con i suoi 18 punti fu approvato per acclamazione da una assemblea esaltata così come era stato preparato dopo che Pavolini ne aveva dato lettura veloce. Lo scopo del Congresso era stato raggiunto: nessuno aveva messo in discussione l’idea di partito che Pavolini proponeva e tutte le possibili varianti, osservazioni, idee erano state incanalate ed arrestate. Il partito pavoliniano del fascismo basato sulle squadre d’azione aveva prevalso, ma non quel tanto di fare di Pavolini un vero e proprio trionfatore. La sua posizione non nè era uscita rafforzata e lo stesso Mussolini fu critico con il segretario e le sue scelte.
Con le decisioni di Verona ed i fatti di Ferrara vengono raffreddate le correnti di simpatia che il risorto fascismo aveva destato, che erano nate a settembre, al suo riapparire. Le squadre fasciste, ripreso le azioni del 1920-1921 e riaprirono una stagione di sangue. Il congresso di Verona indicava in modo chiaro che la Repubblica Sociale avrebbe soffocato nel sangue ogni opposizione, che non avrebbe esitato a scatenare una guerra civile contro tutti quegli italiani che non aderivano al fascismo o si opponevano ad esso. Il movimento ribellistico che praticamente era solo agli albori e nella realtà inesistente trova la sua saldatura con il biennio 1920-1922, e le vittime di allora trovarono da entrambe le parti dei successori atteggiamenti ancora più determinati, ma questa volta la situazione era completamente capovolta.
Fu Pavolini, miope e poco lungimirante, con le sue squadre neofasciste, con la sua volontà di portare le cose all’estremo, superando ed esautorando lo stesso Mussolini, velleitariamente proteso a conquistare il popolo con risuscitate idee socialiste, che avviò lo scontro ideologico, facendone una componente della Guerra di Liberazione, e che portò il fascismo da una adesione quasi plebiscitaria degli anni del regime ad un crescente distacco da parte della stragrande maggioranza degli italiani dell’Italia settentrionale.


[1] Ibidem, cit., pag. 615
[2] Ibidem, pag. 620

venerdì 17 aprile 2020

GIOVANNI CECINI. LASECONDA GUERRA MONDIALE



Giovanni CECINI,
L’incredibile storia della seconda guerra mondiale. Strategie, Armi, Protagonisti del conflitto che ha cambiato le sorti del mondo, Roma, Newton Compton Editori, pag. 495, E. 12,90, ISBN 978-88-227-3620

La seconda guerra mondiale grande contenitore di più conflitti distinti ma collegati tra loro, è in realtà un serbatoio di storie in credibili, spesso sconosciute che vale la pena di approfondire per capire meglio il nostro presente e le cause che l’hanno contribuito a rendere il mondo come lo conosciamo oggi. Questo libro intende quindi travalicare la tradizionale narrazione cronologica, procedendo per argomenti chiave come le alleanze, la diplomazia, le economie, gli oltre sessanta milioni di morti e gli scenari del dopoguerra. Il quadro complessivo è quello di una pagina fondamentale nella storia dell’uomo, che, nella sua brutale ferocia, esercita ancora oggi grande fascino su tutti gli appassionati di storia. Ogni vicenda, infatti, rappresenta un frammento di quello che è stato uno dei momenti più complessi di tutta la storia contemporanea, nonché lo spartiacque del Novecento.
Giovanni Cecini (Roma 1979) à laureato in Scienze Politiche e Storia contemporanea. E’ membro del CEVAM – Centro Studi sul Valore Militare e docente di Master in Storia Militare Contemporanea 1796-1960 presso la Università N. Cusano Nicolò Cusano.