ALBO D'ORO NAZIONALE DEI DECORATI ITALIANI E STRANIERI DAL 1792 AD OGGI - SITUAZIONE

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Palazzo Salviati. La Storia

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mercoledì 26 febbraio 2014

Aggiornamento: NEA AGORA' Telematica

NEA AGORA' TELEMATICA
Magazine telematico di informazione e cultura
www.nea-agora.com

Carissimi amici,
certi di far cosa gradita, desideriamo segnalarVi l'articolo di Silvio 
Nascimben:
E’ tempo di elezioni. Anche nel Grande Oriente d’Italia. Andare “oltre” 
…. senza dimenticare il passato

Troverete inoltre, oltre agli aggiornamenti quotidiani curati dalla 
redazione di Nea Agorà, i seguenti articoli ed approfondimenti culturali:
- Foibe, Gran Maestro Raffi: "Non possiamo dimenticare. Solo così 
l'Inferno non tornerà"
- Fanno i belli con il maggioritario ma continuano a prendere in giro 
gli elettori di Nicola Cariglia
- L'Artico era popolato da bisonti. 10.000 anni fa, c'erano anche mammut 
e fiori
- Complimenti, Cavaliere! Berlusconi ha creato il centrodestra e ora lo 
sta distruggendo di Paolo Francisci
- La politica americana in Afghanistan di Mordechai Kedar
- Gran Maestro Raffi: il 9 febbraio celebriamo la Repubblica Romana. La 
sua Costituzione ancor oggi modello insuperato
- Obesita: il mentolo aiuta a bruciare grassi
- Grillo e in corso un colpo di Stato la Boldrini si dimetta
- Bere troppo accelera perdita memoria in uomini mezza eta'
-Task force internazionale contro gli asteroidi. Il primo incontro il 6 
febbraio a Damstadt
- L’Italia: una politica estera senza bussola! di Sergio Casprini
- Eravamo alla frutta. Secca. Ma forse dopo ci toccherà il dessert…di 
Carla Ceretelli
- Lettera aperta alla Gazzetta del Sud. Il Gran Maestro Gustavo Raffi 
risponde al sindaco di Messina
- Ma quale ultima spiaggia! Questa è l’ultima bufala di Nicola Cariglia

Cogliamo l'occasione per salutarvi ed augurarVi una buona lettura 
ricordandoVi di non farci mancare i vostri preziosi consigli e suggerimenti.

La redazione di Nea Agorà Telematica

martedì 11 febbraio 2014

Palazzo Salviati. Atrio La Lupa Capitolina

Nell’atrio di Palazzo Salviati è esposta una copia della Lupa Capitolina, di fattura etrusca,  a cui il Pollaiolo aggiunse in epoca rinascimentale i due gemelli, Romolo e Remo. Il legame forte che persiste tra Palazzo Salviati e Roma, anche esaltato durate la vita e permanenza a Palazzo del Collegio Militare (1883-1943), impone di aprire questo nostro lavoro su un breve exursus sulle origini di Roma.
Molte sono le possibilità di scelta, o se si preferisce, le vie che possono essere percorse per attuare quanto sopra. La scelta è caduta su un opera “L’origo gentis Romae” che ci è parsa estremamente significativa ai nostri scopi. Si tratta di un breve studio di carattere storiografico narrante le origini più remote di carattere storiografico a cavallo tra storia e mitologia., i cui estremi di narrazione sono, all’inizio, Saturno e la sua figura, ed alla fine, Romolo e quello che significa.

L’Historia tripartita di Sesto Aurelio Vittore[1] è composta da quattro brevi opere storiche che gli sono state attribuite anche se con forti dubbi; esse sono nell’ordine: Origo gentis Romanae, che ne costituisce la prima parte,, il Liber De viris illustribus Romae, il Liber De Caesaribus, che rappresenta la sua opera principale, ed anche sicuramente scritta da Vittore, nota anche col titolo di Historiae abbreviatae. Infine si può citare il   De Vita et Moribus Imperatorum Romanorum excerpta ex Libris Sex. Aur. Victoris.[2]
Nei paragrafi in cui l’opera si articola vi è tutto il percorso della origine dei Romani. Nella introduzione, la disputa sul primato di Giano su Saturno  come primi ad arrivare in Italia dall’Oriente, con l’indicazione delle usanze da loro introdotte (Paragrafo 1-3); In una versione sull’origine postdiluviana degli “aborigini” del Lazio governati prima da re Pico e poi da Fauno (Paragrafo 4.5); narrazione delle origini del re Evandro, delle origine italiche di Ercole, con la storia di Ercole stesso e Caco (Paragrafo 6); con nei successivi altre versioni della presenza di Ercole in Italia (Paragrafo 7-8); diverse versione della fuga di Enea da Ilio, con note su Latino, figlio di Fauno e la contemporaneità di eventi con la guerra di Troia (Paragrafo 9); poi riassunto degli eventi narrati nell’Eneide con una selezione di dati etnografici e geografici (Paragrafi 10-13); vittoria di Enea e le lotte per la supremazia territoriale, con il rapimento in cielo di Enea (Paragrafo 14); successione di Adascanio che succede al padre; Lavinia e suo figlio Silvio Postumo e gli accordi con Ascanio per la fondazione di Alba (Paragrafo 15-17); la successione di Re di Alba, a Silvio succede Aventino a cui succede Proca che lascia come coeredi Numitore e Amulio (Paragrafo 18-19); note sulle vicende legate alla salita al potere di Amulio, con la eliminazione di rea Silvia e dei gemelli Romolo e Remo, ed il loro salvataggio (Paragrafo 20-21); versione dell’origine leggendaria dei Lupercalia (paragrafo 22) ed infine le versioni diverse sulla scelta del luogo di fondazione di Roma e sulla disputa tra Romolo e Remo (Paragrafo 23) 
L’opera è datata 360 d.c., mentre per quanto riguarda datazione effettiva tramite dei termini ante quem la critica si è scontrata con problemi grandissimi.  Ormai la critica moderna è concorde che “L’Origo gentis Romanae” sia stata scritta da un autore non identificabile diverso sia dagli autori delle altre due opere sia dall’deatore del corpus, autore di un brano di connezzione tra l’Origo e il De viris illustribus


La data della fondazione di Roma è stata fissata al 21 aprile dell'anno 753 a.C. (Natale di Roma) dallo storico latino Varrone, sulla base dei calcoli effettuati dall'astrologo Lucio Taruzio.[1] Altre leggende, basate su altri calcoli indicano date diverse.
I Romani avevano elaborato un complesso racconto mitologico sulle origini della città e dello stato; il racconto ci è giunto con le opere storiche di Tito LivioDionigi di AlicarnassoPlutarcoe le opere poetiche di Virgilio e Ovidio, quasi tutti vissuti nell'età augustea. In quest'epoca le leggende, riprese da testi più antichi, vengono rimaneggiate e fuse in un racconto unitario, nel quale il passato viene interpretato in funzione delle vicende del presente.
I moderni studi storici e archeologici, che si basano su queste e su altre fonti scritte, nonché sugli oggetti e sui resti di costruzioni rinvenuti in vari momenti negli scavi, tentano di ricostruire la realtà storica che sta dietro il racconto mitico, nel quale man mano si sono andati riconoscendo elementi di verità. Secondo la storiografia moderna, Roma non fu fondata con un atto volontario, invece nacque, come altri centri coevi dell'Italia centrale, dalla progressiva riunione di nuclei abitati sparsi, fenomeno detto sinecismo (ipotesi dell'origine per sinecismo).



[1] Africano, nacque di umili origini e salì la scala sociale grazie ai suoi assidui studi; Ammiano Marcellino lo definisce «uomo degno d'essere imitato per la sobrietà di vita».Fu autore di una storia romana pubblicata nel 361 circa, di cui Sofronio Eusebio Girolamo chiese una copia a Paolo di Concordia. Conobbe a Sirmio l'imperatore Giuliano, il quale proprio nel 360 contese il regno al cugino Costanzo II; nel 361, morto Costanzo, Giuliano fece venire Vittore da Sirmio a Naisso, dove gli conferì l'incarico di consolare della Pannonia secunda oltre ad onorarlo con una statua di bronzo. Nel  389 fu praefecturs urbi di Roma.
[2] Nei suoi scritti l'interpretazione dei fatti è filtrata in Aurelio Vittore dalle posizioni conservatrici e anticristiane dell'aristocrazia romana con una sentita adesione alle posizioni filo-senatoriali. Proprio al Senato Romano l'organismo politico che fu simbolo della grandezza di Roma egli si sente vicino, se non per origini, certo per comunanza di pensieri

martedì 4 febbraio 2014

Europa. Problemi irrisolti per la Difesa

Unione europea
Nessun copione per sicurezza e difesa comune
Federico Santopinto
07/01/2014
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Solo una etichetta che fa sperare in progressi futuri. Questo il peso dedicato alla politica europea della difesa. Ufficialmente doveva essere la grande protagonista dell’ultimo consiglio europeo, ma nei fatti è rimasta in un angolo.

I capi di stato e di governo dell’Unione europea (Ue) non sono ancora pronti per affrontare un nuovo dibattito strategico riguardo all’Europa della difesa. Forse non hanno torto: prima di sancire quale strategia collettiva l’Unione dovrebbe seguire tramite la sua politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc), sarebbe opportuno che chiarissero che cosa aspettano individualmente da essa. Una certa confusione esistenziale sembra persistere in materia e questo ben più nelle capitali nazionali che a Bruxelles.

Rischio marginalizzazione
Lo studio National Visions of EU Defence Policy - Common Denominators and Misunderstandings, recentemente pubblicato, ha quindi tentato di invertire l’approccio comunemente utilizzato nell’ambito del dibattito strategico sulla Psdc.

Invece di identificare, a Bruxelles, i valori e gli interessi comuni che potrebbero cimentare una nuova strategia europea globale, lo studio si è focalizzato sulle politiche individuali che sette paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Spagna, Polonia e Svezia) intendono perseguire, a partire dalle proprie capitali, attraverso la Psdc.

Quest’ultima non è quindi considerata come un fine in sé o come un progetto collettivo, ma come un mezzo al servizio degli interessi e delle visioni puramente nazionali dei paesi considerati.

A prima vista i risultati dell’inchiesta sembrano sorprendenti. La maggior parte delle élites intervistate riconoscono, assai preoccupate, che senza maggiore integrazione, i loro rispettivi paesi sono destinati a essere marginalizzati e a diventare irrilevanti. Britannici a parte, tutti invocano, sospirando, l’Europa e la sua Psdc.

Divergenze tra Francia e Germania
Ovviamente i buoni propositi nascondono una realtà più complicata. Lo studio infatti mette in risalto due malintesi di fondo sull’essenza stessa della Psdc. Il primo riguarda le divergenze in materia di culture strategiche, soprattutto tra Francia e Germania.

Il problema non è certo sconosciuto: una ricca letteratura esiste già in materia. Tuttavia le diverse culture strategiche non possono, da sole, spiegare tutto. Esse appaiono come strettamente legate a un altro malinteso di fondo emerso dall’inchiesta che riguarda questa volta l’attitudine che gli stati membri hanno, tramite la Psdc, nei confronti del processo di integrazione europea.

Il legame tra la Psdc e l’integrazione europea è un tema molto meno dibattuto, e probabilmente anche più delicato. Sono di nuovo le divergenze tra Francia e Germania a schematizzare meglio l’equivoco.

Questi due paesi infatti, percepiscono in modo assai diverso il ruolo ed il senso dell’Europa della difesa nel contesto dell’Ue. Per Parigi, la Psdc è prima di tutto uno strumento al servizio degli stati nazione per rafforzare e coordinare le loro capacità di proiezione nel mondo e solo marginalmente uno strumento per approfondire l’integrazione europea.

Promuovere l’Europa della difesa come lo ha spesso fatto la Francia non vuole automaticamente dire sostenere l’integrazione europea, intesa in un senso qualitativo del termine.

Visione intergovernativa
Sotto questo punto di vista Parigi alimenta un’ambiguità storica rimasta immutata sin dal 1953, quando affossò la Comunità europea di difesa. Ancora oggi conserva una visione rigidamente intergovernativa della Psdc, e rimane strettamente legata ad una sacralizzata “souvraineté nationale”.

Il libro bianco adottato nel 2013 dalla presidenza Hollande del resto non lo nasconde, quando afferma che la Francia deve mantenere la sua capacità di entrare per prima in un teatro di crisi. Prima degli altri quindi, inclusa ovviamente l’Ue.

Al contrario, la Germania - come la Spagna e l’Italia - ha storicamente inteso l’Europa della difesa come uno strumento di integrazione e razionalizzazione intra-europea e solo in misura minore come un vettore di proiezione della potenza oltre i confini del continente.

Certo, non sempre le autorità tedesche si sono comportate in modo coerente con tale principio, ma questa impostazione di fondo rimane ancora oggi presente a Berlino, malgrado la sfiducia crescente nel progetto europeo.

Direzione cercasi 
Così, l’idea, oramai diffusa a Parigi, secondo la quale la reticenza di Berlino allo spalleggiare militarmente la Francia in giro per il mondo siano sintomi di un disinteresse crescente nei confronti della Psdc è il frutto di un malinteso.

La Germania non è più o meno disinteressata della Francia in materia. Semplicemente, attraverso la Psdc guarda in una direzione diversa: se Parigi guarda oltre le frontiere europee (ma pur sempre in termini nazionali), Berlino volge la testa verso Bruxelles, forse un po’ sonnecchiando.

Quanto al Regno-Unito, si sa, guarda all’insù fischiettando.

Difficile, in questo contesto, capire in quale direzione strategica l’Ue si dovrebbe incamminare. Prima di discuterne a Bruxelles, gli stati membri dovrebbero accordarsi su quale sia la ragion d’essere di questa politica alla luce del processo di integrazione europea.

In fondo l’Ue è un progetto politico di integrazione, del quale la Psdc dovrebbe far parte.

Federico Santopinto è ricercatore presso il Groupe de recherche et d'information sur la paix et la sécurité (Grip) di Bruxelles, e uno degli autori di "National Visions of EU Defence Policy - Common Denominators and Misunderstandings".
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