ALBO D'ORO NAZIONALE DEI DECORATI ITALIANI E STRANIERI DAL 1792 AD OGGI - SITUAZIONE

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venerdì 29 marzo 2019

Il Dubbio



Esistono ancora le Associazioni Combattentistiche?

Ad oltre 70 e passa anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale che vide protagonista la generazione dei nostri nonni, esistono ancora Combattenti, prigionieri, internati, partigiani, reduci, volontari, patrioti che realmente hanno fatto la Seconda Guerra Mondiale? L'ultima classe chiamata è quella del 1925. Quindi dovrebbero avere, i più giovani sui 93 anni. Quanti ne sono rimasti?

Tra loro è possibile ancora parlare di Associazione?. 

E' vero che gli Statuti sono stati modificati ultimamente ed è stato aperto il valico a coloro che sono familiari, figli,e nipoti, oltre che alle mogli.  Queste categorie che cosa sanno della Guerra?  Tranne le mogli o le vedove, che anche loro non saranno poi tante, figli e nipoti che cosa sanno della guerra?

Non è che le Associazioni Combattentistiche si stanno trasformando in qualcosa che con i dettami dello Statuto hanno poco a che fare? 

Naturalmente gli esempi se ne possono fare a migliaia, ma si scaderebbe nel becero qualunquismo. Ma la domanda posta all'inizio, quale risposta richiede. Un paio per mtutti.

Abbiamo visto partigiani di 18 anni inneggiare alla Resistenza in modo tale che il peggiore nemico della Resistenza non poteva affossarla in cosi bel modo. "Combattenti" che non sanno nulla della seconda guerra mondiale e men che meno del mondo militare.

Non è un dibattito  e non si chiedono commenti. Solo una ricerca iniziata per un percorso dell'Associazionismo Militare che, visti certi elementi e personaggi, deve assolutamente cambiare.
Non per altro per un minimo di dignità

Massimo Coltrinari

martedì 19 marzo 2019

Niccolò Machiavelli: Lettera a Francesco Vettori

La lettera a Francesco Vettori


Magnifico oratori fiorentino Francischo Vectori apud Summum Ponteficem, patrono et benefactori suo. Romae .

Magnifico ambasciatore. «Tarde non furon mai grazie divine» . Dico questo perché mi pareva haver perduta no, ma smarrita la grazia vostra, sendo stato voi assai tempo senza scrivermi, ed ero dubbio donde potessi nascere la cagione . E di tucte quelle che mi venivono nella mente tenevo poco conto, salvo che di quella quando io dubitavo non vi havessi ritirato da scrivermi, perché vi fussi suto scritto che io non fussi buon massaio delle vostre lettere ; e io sapevo che, da Filippo e Pagolo in fuora, altri per mio conto non le haveva viste . Honne rihauto per l’ultima vostra de’ 23 del passato; dove io resto contentissimo vedere quanto ordinatamente e quietamente voi esercitate cotesto offizio pubblico ; e io vi conforto a seguire così, perché chi lascia i sua comodi per li comodi d’altri, e’ perde e’ sua , e di quelli non gli è saputo grado . E poiché la fortuna vuol fare ogni cosa, ella si vuole lasciarla fare, stare quieto e non le dare briga , e aspettare tempo che la lasci far qualche cosa agl’huomini; e all’hora starà bene a voi durare più fatica, vegliar più le cose , e a me partirmi di villa e dire: eccomi. Non posso pertanto, volendovi rendere pari grazie, dirvi in questa mia lettera altro che qual sia la vita mia, e se voi giudicate che sia a barattarla con la vostra, io sarò contento mutarla.

Io mi sto in villa, e poiché seguirono quelli miei ultimi casi, non sono stato, ad accozarli tutti, venti dì a Firenze . Ho insino a qui uccellato a’ tordi di mia mano . Levavomi innanzi dì, impaniavo, andavone oltre con un fascio di gabbie addosso, che parevo il Geta quando è tornava dal porto con i libri di Anphitrione ; pigliavo al meno dua, al più sei tordi. E così stetti tutto settembre; dipoi questo badalucco, ancorché dispettoso e strano, è mancato con mio dispiacere ; e quale la vita mia vi dirò . Io mi lievo la mattina con el sole e vommene in un mio bosco che io fo tagliare, dove sto dua hore a rivederl’opere del giorno passato, e a passar tempo con quegli tagliatori, che hanno sempre qualche sciagura alla mane o fra loro o co’ vicini. E circa questo bosco io vi harei a dire mille belle cose che mi sono intervenute , e con Frosino da Panzano e con altri che voleano di queste legna. E Frosino in spezie mandò per certe cataste senza dirmi nulla, e al pagamento mi voleva rattenere 10 lire, che dice haveva havere da me quattro anni sono, che mi vinse a cricca in casa Antonio Giucciadini . Io cominciai a fare il diavolo; volevo accusare il vetturale, che vi era ito per esse, per ladro ; tandem Giovanni Machiavelli vi entrò di mezzo, e ci pose d’accordo. Batista Guicciardini, Filippo Ginori, Tommaso del Bene e certi altri cittadini, quando quella tramontana soffiava , ognuno me ne prese una catasta. Io promessi a tutti, e manda’ne una a Tommaso, la quale tornò a Firenze per metà, perché a rizzarla vi era lui, la moglie, le fante, e figliuoli , che pareva il Gabburra quando il giovedì con quelli suoi garzoni bastona un bue . Dimodoché, veduto in chi era guadagno , ho detto agl’altri che io non ho più legne; e tutti ne hanno fatto capo grosso , e in specie Batista, che connumera questa tra le altre sciagure di Prato .

Partitomi del bosco, io me ne vo a una fonte, e di quivi in un mio uccellare ; ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori , come Tibullo, Ovidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni e quelli loro amori; ricordomi de' mia, godomi un pezzo in questo pensiero . Transferiscomi poi in sulla strada nell'hosteria, parlo con quelli che passano, dimando delle nuove de' paesi loro, intendo varie cose, e noto vari gusti e diverse fantasie d'huomini. Viene in questo mentre l'hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta . Mangiato che ho, ritorno nell'hosteria: quivi è l'hoste, per l'ordinario , un beccaio , un mugnaio, due fornaciai. Con questi io m'ingaglioffo per tutto dí giuocando a criccha, a triche-trach , e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose , e il più delle volte si combatte un quattrino e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano . Cosí rinvolto entra questi pidocchi traggo il cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi .

Venuta la sera, mi ritorno in casa, e entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali ; e rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio, e ch’io nacqui per lui ; dove io non mi vergogno parlare con loro, e domandoli della ragione delle loro actioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, dimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza senza lo ritenere lo havere inteso , io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale , e composto uno opuscolo De principatibus , dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto , disputando che cosa è principato, di quale spezie sono, come e' si acquistono, come e' si mantengono, perché e' si perdono. E se vi piacque mai alcuno mio ghiribizo , questo non vi doverrebbe dispiacere; e a un principe, e massime a un principe nuovo, doverrebbe essere accetto ; però io lo indirizzo alla Magnificenza di Giuliano . Filippo Casavecchia l'ha visto; vi potrà ragguagliare in parte e della cosa in sé, e de' ragionamenti ho hauto seco , ancor ché tuttavolta io l'ingrosso e ripulisco .

Voi vorresti, magnifico ambasciatore, che io lasciassi questa vita e venissi a godere con voi la vostra. Io lo farò in ogni modo, ma quello che mi tenta hora è certe mie faccende che fra 6 settimane l'harò fatte. Quello che mi fa star dubbio è che sono costì quelli Soderini, e quali sarei forzato, venendo costì, vicitargli e parlar loro . Dubiterei che alla tornata mia io non credessi scavalcare a casa, e scavalcassi nel Bargiello , perché, ancora ché questo stato habbi grandissimi fondamenti e gran securità, tamen egli è nuovo, e per questo sospettoso , né manca di saccenti, che, per parere come Pagolo Bertini, metterebbono altri a scotto, e lascierebbono il pensiero a me . Pregovi mi solviate questa paura, e poi verrò infra il tempo detto a trovarvi a ogni modo.

Io ho ragionato con Filippo di questo mio opuscolo, se gli era ben darlo o non lo dare; e, sendo ben darlo, se gli era bene che io lo portassi, o che io ve lo mandassi . Il non lo dare mi faceva dubitare che da Giuliano e' non fussi, non che altro, letto, e che questo Ardinghelli si facessi honore di questa ultima mia faticha . Il darlo mi faceva la necessità che mi caccia, perché io mi logoro , e lungo tempo non posso star così che io non diventi per povertà contennendo . Appresso al desiderio harei che questi signori Medici mi cominciassino adoperare, se dovessino cominciare a farmi voltolare un sasso ; perché, se poi io non me gli guadagnassi, io mi dorrei di me ; e per questa cosa, quando la fussi letta, si vedrebbe che quindici anni che io sono stato a studio dell'arte dello stato, non gli ho né dormiti né giuocati ; e doverrebbe ciascheduno haver caro servirsi di uno che alle spese d’altri fussi pieno di esperienzia . E della fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, havendo sempre observato la fede, io non debbo imparare hora a romperla ; e chi è stato fedele e buono quarantatré anni, che io ho, non debbe poter mutare natura ; e della fede e bontà mia ne è testimonio la povertà mia.

Desidererei adunque che voi ancora mi scrivessi quello che sopra questa materia vi paia , e a voi mi raccomando. Sis felix .

Die 10 Decembris 1513.

Niccolò Machiavelli in Firenze