ALBO D'ORO NAZIONALE DEI DECORATI ITALIANI E STRANIERI DAL 1792 AD OGGI - SITUAZIONE

Alla data del 31 MARZO 2023 sono stati inseriti in modo provvisorio:
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Palazzo Salviati. La Storia

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venerdì 31 dicembre 2021

Russia. Volume 1. Una avventura non necessaria". Le fonti bibliografiche

 

La Campagna di Russia ha una bibliografia veramente consistente, nel quado di quella ancora più ampia della partecipazione dell’Italia alla Seconda Guerra mondiale. In questo primo volume indichiamo quella riferita per lo più agli anni dal 1951 fino alla fine della guerra, in pratica nel momento in cui gli avvenimenti si stavano succedendo. Quindi vi sono pubblicazioni che risentono della propaganda delle due parti in lotta e le prime ricostruzioni degli avvenimenti ad opera di coloro che subito sentirono il desiderio di rendere edotti gli Italiani di quello che era succeduto nelle lontane steppe russe. Con la crisi armistiziale iniziò poi quella triste stagione in cui  moltissimi appartenenti al vertice monarchico-fascista  voleva far conoscere la propria  esatta posizione, con la edizione di “memoriali” che avevano lo scopo di autoassolversi e quindi di dare la colpa di quanto accaduto “ad altri” ovviamente lontanando da se ogni responsabilità. Su questo filone della “autogiustificazione” si innesta la memorialista vera e propria di coloro che furono partecipi degli avvenimenti e quindi testimoni, con tutte le riserve del caso in quanto il “testimone” porta la sua personale esperienza, ma non ha una visione d’insieme degli avvenimenti. Questa indicazione della bibliografia edita riportata sia al termine di ogni volume che nel volume finale degli Indici ha lo scopo di confrontare i documenti presentati con quanto poi ogni autore nella sua opera ha presentato al fine di un confronto tra le fonti che si ritiene quanto mai utile. L’anno di edizione dell’opera è quindi molto importante, per questo nei volumi singoli la bibliografia è riporta in modo classico, ovvero per ordine alfabetico dell’Autore, mentre negli indici, oltre ovviamente a tutta a bibliografia citata nei volumi, verrà presenta per anno di edizione.

 (continua. post in data 10 gennaio 2022)

lunedì 20 dicembre 2021

L'Agenzia Formativa "Don Angelo Teboldi

 


L'Agenzia Formativa "don Angelo Tedoldi", è un Ente di Formazione Professionale del Comune di Lumezzane (Brescia), certificato ISO 9001 e accreditato presso la Regione Lombardia per i settori della Formazione e del Lavoro.


Svolge la propria missione da sessant'anni, rispondendo con puntualità e professionalità alle richieste che giungono dal territorio della Valle Trompia, della Valle Sabbia e della Valle Gobbia.


Il Centro di Formazione Professionale è uno degli attori principali della promozione educativa, formativa, dell'orientamento e dello sviluppo locale nel territorio. I corsi offerti per gli studenti DDIF sono quattro, articolati in:

 

Corso per Operatore e Tecnico del Benessere

Studentesse che si preparano per diventare estetiste.

 

 

Corso per Operatore e Tecnico Elettrico

Studenti che si preparato per diventare elettricisti.

 

 

Corso per Operatore e Tecnico di Sala e Bar

Studenti e studentesse che si preparano per diventare camerieri di sala o di bar.

 

Corso per Operatore e Tecnico di Panificazione e Pasticceria

Studenti e studentesse che si preparano per diventate panificatori e/o pasticceri.



 

venerdì 10 dicembre 2021

Gli STudenti esprimo il loro pensiero sul Milite Ignoro.

 Gli Studenti sono della Agenzia Formaativa " Don Angelo Teboldi"   Lumezzane  Brescia

Il Milite Ignoto. Approfondimento su Maria Bergamas di Giulia B.

La Commissione incaricata di designare quale madre dovesse divenire “mamma spirituale del Milite Ignoto” inizialmente fece ricadere la sua scelta su Anna Venturini Feruglio, udinese, madre di due figli dispersi in guerra, alla quale si preferì poi una popolana, Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio irredento era per lei il suo massimo sostegno e speranza.

Maria Maddalena Bergamas, nata a Gradisca d’Isonzo il 23 giugno 1867, visse a Trieste dove si era trasferita in gioventù e dove risiedeva allo scoppio della Grande Guerra.

Ella era vedova e quando suo figlio Antonio fu arruolato non ebbe più nessun sostegno per lei e la figlia Anna.

È stata la donna italiana che fu scelta in rappresentanza di tutte le madri italiane che avevano perso un figlio durante la prima guerra mondiale, del quale non erano state restituite le spoglie. Maria morì poi il 22 dicembre del 1953 a Trieste.

Al tempo dello scoppio della guerra, sia Gradisca d’Isonzo che Trieste erano parte dell’impero austro-ungarico, perciò suo figlio Antonio fu arruolato nell’esercito austriaco. Egli era ricordato per il suo impeto e la sua passione politica e ai primi segnali di guerra tra Austria e Italia, nel 1916, disertò, varcò clandestinamente il confine, fuggì in Italia e si arruolò volontario nel 137° Reggimento di Fanteria della Brigata Barletta, con il nome fittizio di Antonio Bontempelli, una falsa identità imposta dal Regio Esercito per accogliere tra le sue file gli irredentisti (coloro che hanno aiutato il riscatto dalla dominazione straniera).

Mentre guidava l’attacco del suo plotone, durante un combattimento alle falde del Monte Cimone di Tonezza, il 18 giugno 1916 (alcune fonti citano il 16 giugno), il sottotenente Bergamas fu raggiunto e ucciso da una raffica di mitraglia.

Al termine della battaglia, nelle sue tasche fu trovato un biglietto nel quale si pregava di avvisare della sua morte il sindaco di San Giovanni di Manzano, l’unica persona al corrente della sua reale identità. La salma di Antonio Bergamas fu dunque riconosciuta e sepolta assieme agli altri caduti nel cimitero di guerra di Marcesina, sull’Altopiano dei Sette Comuni.

Tuttavia, a seguito di un violento bombardamento che distrusse il cimitero, Bergamas e i suoi compagni con lui sepolti risultarono ufficialmente dispersi.

Dopo la guerra, Maria ebbe l’incarico di scegliere il corpo di un soldato tra undici salme di caduti non identificabili, raccolte in diverse aree del fronte.

Il 28 ottobre 1921, nella basilica di Aquileia, in Friuli Venezia-Giulia, la donna fu posta di fronte alle indici bare allineate: appoggiò lo scialle sulla seconda bare e, dopo essere passata davanti alle prime, non riuscì a proseguire e si accasciò al suolo davanti alla decima, urlando il nome del figlio; per questo motivo fu scelta quest’ultima.

La salma prescelta fu posta all’interno del Monumento al Milite Ignoto, presso il Vittoriano a Roma, a ricordo dei caduti della guerra, e la cerimonia solenne avvenne il 4 novembre 1921, dopo il lungo viaggio in treno rallentato per permettere a tutta Italia di rendere onore alla bara.

Secondo la testimonianza della figlia, Maria era decisa a scegliere l’ottava o la nona bara, poiché quelli erano i numeri che ricordavano la nascita e la morte del figlio, ma giunta dinanzi alle bare provò un senso di vergogna e, poiché nulla dovesse ricordare suo figlio, scelse la decima, affinché il simbolo che si sarebbe portato a Roma fosse davvero un soldato ignoto.

L’anno successivo alla morte di Maria, il 3 novembre 1954, la sua salma fu riesumata e sepolta nel cimitero di guerra di Aquileia, retrostante la Basilica, vicino ai corpi degli altri militi ignoti, come da lei richiesto, per sentirsi più vicina al figlio.

A Gradisca d’Isonzo, in Via Bergamas 39, esiste ancora la casa dove Maria e i figli abitarono. Una targa ricorda: “In questa casa nacque Antonio Bergamas che irradiata la giovinezza dell’ideale di Mazzini il XVIII giugno MCMXVI nel nome santo d’Italia suggellava sul Cimone la sua fede col sangue”.

Ho scelto di approfondire questo argomento perché mi interessa conoscere le persone della storia, coloro che la storia l’hanno fatta. Penso sempre al fatto che dietro a un personaggio c’è una persona e approfondirne la vita è, per me, molto interessante. Questo lavoro mi ha fatto conoscere nuovi termini relativi alla guerra, mi ha fatto approfondire parti di storia che normalmente non vengono studiate e mi ha lasciato la voglia di scoprire sempre di più, e di visitare i luoghi citati nel tema. Ho apprezzato lo svolgimento di questo compiti e penso mi piacerebbe affrontarne altri simili.

 

Il rito del Milite Ignoto di Asia Z.

Non si volevano celebrare condottieri, generali o singoli comandanti, ma glorificare il sacrificio di sangue di un intero popolo.

In Italia la proposta di glorificare la salma del caduto senza nome viene sostenuta e resa pubblica nell’agosto 1920 dal colonnello Giulio Douhet. Il 4 agosto il Disegno di Legge arrivò in aula e l’onorevole Gasparotto chiese alle parti di rinunciare ad intervenire perché il provvedimento che rendeva onore ai caduti potesse essere approvato in silenzio. Fu Gabriele D’Annunzio a dare il nome di “Milite Ignoto” alla salma del soldato senza nome, che nel tempo avrebbe ricordato i sacrifici e gli eroismi della Grande Guerra. Il soldato che avrebbe rappresentato tutti coloro che non fecero più ritorno a casa. Tutte le famiglie italiane erano coinvolte: chi per aver perso un figlio, chi un marito, chi un padre.

Dal 3 al 24 ottobre 1921 iniziò la ricerca delle undici salme di soldati tra i quale scegliere il Milite Ignoto. I corpi vennero rinvenuti nei cimiteri militari o nei campi di battaglia e per essere scelti non dovevano in nessun modo mostrare alcun segno di riconoscimento. Il 28 ottobre 1921 le undici casse con i resti dei dispersi vennero trasportate nella Basilica di Aquileia e nella notte scambiate in segreto di posto, perché chi ne aveva seguito il viaggio per un mese sarebbe stato ormai in grado di riconoscerle.

Il giorno dopo sarebbe avvenuta la scelta di una di loro tramite la signora Maria Bergamas, moglie, madre, donna, e sarebbe iniziato così il viaggio verso Roma del Treno dell’Eroe con le spoglie del Milite Ignoto.

Il 28 mattina le porte della Basilica vennero aperte, le undici bare erano avvolte nel Tricolore. Le madri e le vedove presero posto in un palco alla destra dell’altare. All’arrivo di Emanuele Filiberto di Savoia, Duca D’Aosta, iniziò la celebrazione.

Al finire della funzione quattro decorati con Medaglia d’Oro al Valore Militare si diressero verso le madri e le vedove per accompagnare la signora Bergamas a compiere l’atto più importante di tutta la cerimonia.

Il generale Paolini e l’onorevole Paolucci accompagnarono la donna all’altare che, dopo aver guardato le altre madri, iniziò il suo cammino verso la scelta. Giunta di fronte alla decima bara, la donna lanciò un urlo chiamando per nome suo figlio Antonio e abbracciando con passione la cassa. Il rito era compiuto e Maria Bergamas venne riaccompagnata fra le altre madri, mentre la bara scelta fu posta su un rialzo di fronte all’altare, inserita in una cassa mandata dal Ministero della Guerra.

Ho scelto di approfondire questo argomento in quanto sono appassionata di riti di ogni tipo, quindi il rituale del Milite Ignoto mi sembrava la parte più interessante dell’intero argomento dedicato a questo centenario. Grazie a questa ricerca ho potuto imparare una nuova piccola parte della storia del nostro Paese, in quanto non sapevo esistesse un monumento in memoria dei caduti senza nome. Penso che sia stata una celebrazione molto toccante ed importante, considerando che è riuscita ad unire un intero popolo.

 

Da Gorizia ad Aquileia di Siria G.

Il mattino del 27 ottobre 1921, nella piazza di Gorizia, si formò un corteo per il trasporto delle undici bare degli ex-combattenti portati a spalla fino alla stazione ferroviaria per poi essere adagiate sui ripiani degli autocarri. Le bare erano sommerse da corone di fiori per omaggio. I mezzi partirono da Gradisca d’Isonzo fino a Cervignano con omaggi dati dai cittadini. Le bare erano portate da madri, ex-combattenti e madri vedove di guerra che attraversarono la piazza di Aquileia. Una volta attraversata la piazza, le bare che erano avvolte da una bandiera tricolore, vennero messe ai lati dell’altare della Basilica, 6 a destra e 5 a sinistra. Sulla bandiera tricolore veniva posato un elmetto in ferro da fante. Una volta sgomberata la piazza, le bare degli ex-combattenti venivano cambiate di posto perché, data la perfetta somiglianza delle bare, le linee degli assi di legno e la posizione dei chiodi era diversa l’una dall’altra, quindi potevano essere riconosciute dai membri della Commissione che le vedevano da giorni. Le casse erano sorvegliate per l’intera notte da due plotoni, uno dei reali Carabinieri mentre l’altro era di fanti della Brigata “Sassari”.

Penso che questo gesto verso il Milite Ignoto che sta a rappresentare tutti i combattenti caduti in battaglia, sia un gesto di grande onore verso le famiglie che purtroppo non hanno più visto i propri figli dopo la guerra. Vorrei ringraziare chi in passato ne ha avuto l’idea perché è un gesto reso indimenticabile.

 

Il Milite Ignoto di Elisa S.

Il tema che sto per scrivere riguarda l’argomento del Milite Ignoto nel centenario della sua sepoltura al Vittoriano. Mi ha portato a scrivere questo tema la considerazione di un uomo eroe di guerra, coraggioso di combattere nelle più brutali e cruente battaglie e resistere nelle terrificanti trincee e morire durante il combattimento della guerra per la vittoria della propria Patria ed essere degno di aver combattuto per amore della propria Patria.

Al Milite Ignoto fu assegnata una Medaglia d’Oro nel complesso del Vittoriano all’Altare della Patria, a Roma, il giorno 4 novembre 1921, monumento al primo re d’Italia Vittorio Emanuele II inaugurato il 4 giugno 1911. Il corpo di quel soldato anonimo dopo la guerra diviene parte della memoria nazionale.

L’altare del Vittoriano venne definito un luogo per la storia di un’intera comunità, lasciando un percorso iniziato nel 1915 per i soldati partiti per la guerra.

Nel novembre 1921 ci fu la “tradotta di gloria”, usata per le risorse verso i fronti di guerra dei soldati, adoperata per trasportare il Milite Ignoto. Ci fu l’evento definito della ”sacra salma” che fu un viaggio rituale partito da Aquileia fino a Roma; un evento che venne ripreso dalla camere dei cinegiornali e che rappresenta il primo dopoguerra italiano.

Nel corpo del Milite Ignoto viene fissata una particolare memoria della nazione. Una memoria per le migliaia di persone, i cortei, le corone di fiori e le dimostrazioni militarti che era destinata a fissarsi al Vittoriano.

Questo monumento serve per simboleggiare il lutto in modo che non si lasci spazio alle opposizioni sociali e alla vendette politiche alla causa del dolore e della rabbia per le molte mancanze subite. La guerra era ormai finita, ma con ancora necessità di ricostruire il Paese con generazioni di uomini mancanti, povertà, disoccupazione.

L’Italia assunse il Milite Ignoto come un campo di prova per la ricostruzione del mito nazionale.

Al cadavere del Milite Ignoto venne dato il compito di legare il corpo di migliaia di soldati in lutto attraverso la sacralizzazione del sangue.

C’è il luogo della matrilinearità che serve per scegliere la “sacra salma” del “figlio degno” che è stato assegnato alla vedova Maria Bergamas, una delle donne d’Italia addolorate. Il funerale del corpo del Milite Ignoto venne fatto per le vie d’Italia e poi seguito in corteo a Roma per dare pace a tutti coloro che avevano sofferto.

Da questo tema ho imparato che un uomo ha preferito sacrificare la propria vita per il bene della Patria; quell’uomo è stato orgoglioso di combattere per amore della Patria.

Ho imparato che per ottenere una vittoria bisogna fare dei sacrifici.

 

Aquileia di Giulia M.

Aquileia venne fondata nel 181 a.C. come colonia romana e come postazione offensiva per le operazioni militari contro i Galli, ed ebbe inizialmente la struttura del presidio militare. Aquileia acquistò importanza come emporio commerciale, che corrispose all’ampliamento dell’antico abitato, dotato di un porto fluviale e di splendidi edifici. Abili artigiani erano maestri di oreficeria, lavoravano il vetro e la terracotta, il marmo e la pietra, e realizzarono mosaici di particolare bellezza. Con l’imperatore Diocleziano divenne una delle città più grandi dell’impero Romano. Nel frattempo si formò una comunità cristiana. Il vescovo Teodoro fece costruire un complesso per il culto.

Da visitare:

-      La basilica

-      Il museo archeologico

-      Il campanile

 

Il viaggio del Milite Ignoto di Ilaria B.

Alle otto del mattino del 29 ottobre 1921 partì, dalla stazione di Aquileia un treno che entrò nella storia d’Italia. Si trattava del convoglio che, in cinque giorni, avrebbe portato la salma del Milite Ignoto a Roma per essere sepolta all’interno del Vittoriano il 4 novembre.

Un viaggio emozionante attraverso cinque regioni e centoventi stazioni, dove centinaia di migliaia di persone lungo i binari resero omaggio a quel corpo senza nome, simbolo del sacrificio per amore della Patria. Un viaggio accolto con entusiasmo e partecipazione. Il cerimoniale, proposto nell’agosto 1920 dal colonnello Giulio Douhet, ebbe come momento centrale la scelta della bara, avvenuta il 28 ottobre 1921 nella basilica di Aquileia. Protagonista fu Maria Bergamas, una donna che aveva perso un figlio durante la guerra. Sorretta da quattro militari, Maria aveva in mano un fiore bianco che avrebbe dovuto gettare su una delle undici bare contenenti i resti dei corpi ritrovati in undici luoghi simbolici della Grande Guerra (Rovereto, l’Altopiano di Asiago, Monte Grappa, Dolomiti, Montello, Basso Piave e Cadore).

Davanti alla bara prese il suo velo nero e lo appoggiò sopra, segnalando così la sua scelta. Il feretro venne così collocato sulla base d’appoggio di un cannone trainato da cavalli addobbati a lutto e, seguita da un corteo di reduci e cittadini, posta in un vagone ferroviario. Contemporaneamente le altre dieci bare furono portate all’interno del cimitero degli Eroi di Aquileia, dietro la basilica di Santa Maria degli Angeli, in cui trovò posto anche Maria Bergamas nel 1952.

Ho scelto di svolgere questa ricerca perché ero curiosa di sapere come la gente avesse accolto l’arrivo del Milite Ignoto.

Ho imparato che Maria Bergamas è stata una donna molto forte, perché, nonostante avesse perduto suo figlio, è riuscita a riconoscere la bara del Milite da onorare per tutti.

 

Da Aquileia a Roma. Il viaggio del Milite Ignoto di Christian G.

Il 28 ottobre 1921, alla stazione di Aquileia, la bara del Milite Ignoto, scelta dalla signora Maria Bergamas, fu posta su un carro ferroviario su un affusto di cannone, disegnato appositamente da Guido Cirilli; su un lato erano scritte la date MCMXV-MCMXVIII (1915-1918); invece sul lato opposto era riportata la citazione dantesca: “L’ombra sva torna ch’era dipartita”.

Il treno partì la mattina seguente, il 29 ottobre del 1921, alle ore otto. Oltre al carro con la bara, erano presenti 15 carri per raccogliere le corone di fiori lanciate dai cittadini, durante il tragitto; le altre carrozze di prima e di seconda classe erano destinate alla scorta d’onore. Il treno si fermava in ogni stazione cinque minuti ed effettuò in tutto 120 soste.

Il Ministero della Guerra ordinò il più rigoroso silenzio durante il passaggio del treno; erano vietati discorsi pubblici e all’arrivo nelle stazioni poteva essere suonata una sola volta “La canzone del Piave”.

Durante le fermate notturne a Venezia, Bologna e Arezzo era predisposto il cambio alle rappresentanze di senatori, di deputati, di madri, di vedove, di mutilati e di ex combattenti.

Per la trazione erano utilizzate due locomotive FS740. I macchinisti furono scelti tra i decorati di guerra, cioè persone ritenute eroiche e che avevano ottenuto medaglie d’oro, d’argento e di bronzo. Durante il passaggio del treno, la folla si inginocchiava; le donne e i bambini lanciavano i fiori; il saluto militare da parte di rappresentanze delle forze armate e di ex combattenti, le autorità religiose locali benedivano la salma. I fiori furono lanciati dal treno nelle acque del Piave, celebrando i caduti, al passaggio. La destinazione del viaggio fu la stazione di Portonaccio, la sera del primo novembre. La mattina seguente era previsto l’arrivo alla stazione di Roma Termini per le successive celebrazioni.

La mattina del 2 novembre, quando la bara del Milite Ignoto giunse alla stazione di Roma Termini, fu accolta dal Re e dalla famiglia reale, da bandiere, stendardi e insegne militari dell’Esercito, della Marina e della Guardia di Finanza, con generali, comandanti d’armata, capi di Stato maggiore dell’Esercito e della Marina. Erano invitati, insieme alle diverse cariche dello Stato, decorati di medaglia d’oro e rappresentanze di mutilati, di madri e vedove di caduti e di ex combattenti.

La bara, sostenuta dall’affusto di cannone, fu trasportata alla basilica di Santa Maria degli Angeli, affiancata da decorati della medaglia d’oro e seguita a piedi dal re Vittorio Emanuele III e dalle cariche dello Stato. In Piazza Esedra la bara del Milite Ignoto fu benedetto dal vescovo monsignor Angelo Bartolamasi e poi portata all’interno della Basilica a spalla, posta su un palco per la cerimonia.

La bara rimase nella chiesa fino al 4 novembre con un gruppo di soldati d’onore: quattro ufficiali, quattro sottufficiali, quattro caporali, quattro soldati, quattro mutilati e quattro ex combattenti. Durante il giorno la chiesa fu aperta al pubblico per permettere di rendere omaggio al caduto.

Il 4 novembre, terzo anniversario della fine della prima guerra mondiale, alle ore 8 e trenta, la bara fu caricata sull’affusto di cannone. Il lungo corteo delle varie armi di Esercito, Marina, Guardia di Finanza e Guardia di Pubblica Sicurezza, precedeva il carro seguito a sua volta da dieci madri e da dieci vedove di caduti, da rappresentanti di cariche dello Stato e dell’Esercito e dalla rappresentanza di mutilati ed ex combattenti.

All’Altare della Patria attendevano l’arrivo del corteo il re Vittorio Emanuele III con la famiglia reale e le più alte cariche dello Stato, insieme a rappresentanze di vedove di caduti in guerra, di grandi mutilati, di associazioni e di ex combattenti. Il corteo giunse alle 9 e trenta riempiendo la Piazza Venezia; la bara fu portata a spalla fino alla tomba e sepolta sotto la statua della dea Roma, all’Altare della Patria, o Vittoriano, con il saluto militare.

Grazie a questo argomento ho capito cosa è successo dopo la prima guerra mondiale e ho approfondito la mia conoscenza personale. Poi ho compreso che con quest’azione, il viaggio del Milite Ignoto, lo Stato italiano si interessava della popolazione italiana, rendendo omaggio ai caduti in guerra. Infine ho trovato questa ricerca utile e interessante per i motivi descritti in precedenza.

 

Maria e Antonio Bergamas di Aman M.

Maria Bergamas abitava a Trieste e in quel periodo la città apparteneva agli Austriaci. Maria era stata scelta per rappresentare tutte le madri che avevano perso il figlio durante le battaglie della Grande Guerra. Antonio era l’unico uomo di casa perché Maria era vedova. Antonio faceva parte dell’esercito austriaco perché non aveva altra scelta. Nel 1916 scappa da Trieste ed entra in Italia sotto la falsa identità di Antonio Bontempelli, un uomo morto per la Patria durante la guerra e che era sepolto nel cimitero di Mercesina al Monte Cimone, ma il suo corpo non era più stato trovato, disperso dai bombardamenti. Così assunse la sua identità arruolandosi nell’esercito italiano.

Ho scelto questo approfondimento perché volevo conoscere meglio l’identità dei Bergamas e sapere perché avevano scelto loro per rappresentare e scegliere il Milite Ignoto.

 

 

Il Milite Ignoto di Martina B.

È un militare morto in guerra il cui corpo non è stato identificato e che si pensa non potrà mai essere identificato. La sua tomba è una sepoltura simbolica che rappresenta tutti coloro che sono morti in un conflitto e che non sono mai stati identificati. Il Milite Ignoto è un militare italiano caduto durante la prima guerra mondiale e sepolto a Roma, sotto la statua della dea Roma. La salma del Milite Ignoto partì dalla stazione ferroviaria di Aquileia il 29 ottobre del 1921 e arrivò a Roma per essere tumulata all’interno del Vittoriano il 4 novembre, simbolo del sacrificio per amore della Patria.

Un viaggio accolto con entusiasmo e partecipazione.

La salma fu scelta dalla madre di un sottotenente disperso che si chiamava Maria Bergamas, in rappresentanza di tutte le donne italiane, mamme e spose di soldati dispersi nella Grande Guerra.

 

Le ricerche dei soldati di Desirée B.

Il 24 agosto 1920, il generale Giulio Douhet dichiarò: “Tutto sopportò e vinse il soldato. Perciò al soldato bisogna conferire il sommo onore, quelle cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare, neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza del Re e del Genio”.

Il Decreto sulla sepoltura della salma di un soldato ignoto venne approvato dal Parlamento del Regno d’Italia il 4 agosto 1921 all’unanimità e senza dibattito; come luogo della tumulazione fu scelto il Monumento a Vittorio Emanuele II, noto anche come Vittoriano. Fu stabilito che le ricerche della salma dovessero essere condotte nelle zone più avanzate dei principali campi di battaglia, in totale undici siti: San Michele, Gorizia, Monfalcone, Cadore, Pasubio, Campo Sile, Alto Isonzo, Asiago, Tonale, Monte Grappa, Montello.

Fu Gabriele D’Annunzio a dare il nome di Milite Ignoto alla salma del soldato senza nome che avrebbe celebrato gli eroismi e i sacrifici della Grande Guerra: il soldato che avrebbe rappresentato idealmente tutti coloro che non fecero ritorno a casa, coinvolgendo così tutte le famiglie italiane. Venne così istituito un Ufficio Onoranze al Soldato Ignoto e venne poi nominata una Commissione che dal 3 al 24 ottobre si dedicò alla ricerca di undici salme di soldati provenienti dai campi di battaglia. Quindi le ricerche iniziarono ufficialmente il 3 ottobre 1921.

La Commissione decise di esaminare una salma nei pressi di Rovereto, ma non venne rinvenuta nessuna salma sepolta, e allora se ne esumò una tra quelle di ignoti in un vicino cimitero di guerra.

La ricerca della seconda salma si svolse nei pressi del Massiccio del Pasubio, ma come per la prima non ci furono risultati, e allora si esumò un altro cimitero di guerra. Per trovare la terza salma, la Commissione decise di spostarsi sull’Altopiano di Asiago, sul Monte Ortigara, dove per la prima volta venne trovato un caduto insepolto ma nascosto; probabilmente perché il corpo, non potendo essere seppellito per bene, venne solo nascosto/coperto per evitare che venisse straziato dagli animali.

La quarta salma venne rinvenuta sotto ad una croce e non aveva alcun elemento che favorisse la sua identificazione. Le quattro salme ritrovate fino a quel momento vennero lasciate a Bassano, mentre la Commissione partì per Conegliano e, facendo una sosta sul Montello, cercò la quinta salma che trovarono, però, in un vicino cimitero di guerra. Inoltre, tra le intenzioni della Commissione c’era quella di recuperare la salma di un caduto della Regia Marina, ma l’unica possibilità era quella di riesumare la salma di un marinaio, e cercarono dunque sui campi di battaglia dove i marinai combatterono a terra come fanti. La Commissione si trasferì poi a Cortina d’Ampezzo. Dai racconti emerge che le ricerche furono svolte sulle Tofane e sul Passo Falzaredo, ma non venne trovata alcuna salma, e anche il corpo del settimo soldato venne esumato da un cimitero di guerra. Il 20 ottobre la Commissione si recò sul Monte Rombon, e anche lì venne ritrovata una croce di legno ormai marcita, che aiutò a trovare l’ottava salma. La nona venne invece rinvenuta sul Monte San Michele, vicino alla scavo di una trincea, al disotto di una croce. Furono poi le ricerche a Castegnevizza del Carso, dove venne trovato un palo di legno avvolto con del filo spinato, che fecero pensare ad una trincea, dove venne trovato il decimo corpo. Le ricerche per l’undicesima salma si concentrarono in un tratto di fronte tra Castagnevizza e il mare. Anche là venne ritrovata una croce e così anche l’ultima salma fece il suo ingresso a Gorizia. Nella chiesa di Sant’Ignazio, proprio a Gorizia, vennero celebrati gli undici soldati e tutti i caduti della guerra in una solenne marcia funebre, come eseguita per la prima volta in occasione dei funerali di re Umberto I.

Ritengo che l’omaggio alla Nazione con la scelta simbolica di un soldato anonimo sia un meraviglioso gesto di umanità e solidarietà: è come se il Milite Ignoto possa essere il figlio, il marito, il padre dell’intera Nazione, e per quanto sia triste il fatto che non tutti abbiano potuto seppellire i propri cari, l’idea di averlo fatto simbolicamente può aver alleggerito gli animi, e aver dato un po’ di speranza ad ogni madre, moglie e figlia, che i soldati seppelliti fossero proprio i loro uomini.

 

Maria Bergamas di Aida S.

Maria Maddalena Bergamas, nata il 23 gennaio 1867 a Gradisca d’Isonzo, negli anni dell’adolescenza si trasferì a Trieste, che ai tempi faceva parte dell’impero austroungarico. Fu così che il suo unico figlio maschio si dovette arruolare nell’esercito austriaco, ma nel 1916 Antonio, così si chiamava, abbandonò l’esercito austriaco per arruolarsi nel 137° Reggimento di Fanteria della Brigata “Barletta”, sotto falso nome imposto dal Regio Esercito. Il 16 giugno 1916, mentre guidava l’attacco del suo plotone, durante un combattimento, fu ucciso da una raffica di mitraglia. Nelle sue tasche fu trovato un biglietto in cui pregava di avvisare il Sindaco della sua morte, siccome era l’unico che era al corrente della sua identità, il suo corpo fu sepolto insieme agli altri caduti nel cimitero di guerra di Marcesina, sull’Altopiano dei Sette Comuni. A seguito di un violento bombardamento che distrusse il cimitero, il suo corpo diventò introvabile.

Maria, dopo la guerra, fu incaricata di scegliere il soldato tra gli undici caduti non identificati scelti per avere la salma del Milite Ignoto da portare al Vittoriano per ricordare tutti i caduti della guerra. Il 28 ottobre 1921, nella Basilica di Aquileia, Maria fu posta davanti alle undici bare allineate. Sulla seconda bara appoggiò il suo grembiule nero, dopo essere passata davanti alle prime. Non riuscì a proseguire: alla destra della bara si accasciò sul feretro urlando il nome del figlio. Per questo motivo fu scelta quella bara per rappresentare i militi senza nome. Maria morì il 22 dicembre 1953 a Trieste. Infatti, dopo qualche anno, andò a vivere nella casa dove abitava e dove una targa ricorda che lì nacque Maria Bergamas.

Ho scelto di fare la ricerca su Maria Bergamas per il gesto che ha fatto. Accettare l’incarico che le è stato affidato, scegliere una delle undici bare e non sapere in quale e se poteva esserci il corpo del figli, è stato un gesto di solidarietà per tutte le mamme che avevano perso il proprio figlio senza avere un corpo su cui piangere: posso solo immaginare il dolore che hanno provato. Se fossi stata al posto di Maria non sarei riuscita a scegliere neanche di accettare l’incarico.

 

 

 

La dignità e gli onori ai soldati caduti in guerra di Davide Z.

La richiesta di dare giusta dignità e gli onori ai soldati caduti in guerra è partita dal popolo e dalle amministrazioni comunali ed ha coinvolto artisti e letterari che sono arrivati all’istituzione nel 1919 di una Commissione che ha onorato la memoria dei soldati d’Italia e dei Paesi alleati, morti in guerra.

Il 1921 era l’anno della scelta del combattente che poi è diventato il rappresentante del sacrificio dei seicentomila italiani persi, decisione lasciata a Maria Bergamas di Trieste che aveva in famiglia un soldato disertore dall’esercito austriaco per arruolarsi nelle file italiane che era morto combattendo senza che il suo corpo fosse identificato.

Davanti ad undici bare chiuse, la donna cadde in ginocchio vicino ad una di esse e avrebbe scelto il Milite Ignoto che era l’eroe simbolo di coraggio, orgoglio, sacrificio e devozione che poi sarebbe stato riconosciuto con tutti gli onori il 4 novembre 1921, ponendolo nel sacello all’Altare della Patria.

Nel primo dopoguerra le istituzioni sono a lungo state impegnate in una lenta e difficile operazione di conta dei caduti in battaglia.

Al ritorno alla normalità si pone il problema della loro collocazione, dal momento che i cimiteri non sono in grado di accogliere tutti i corpi. Ma è possibile individuare già, dai primi anni dalla fine del conflitto, una sorta di prima fase del fenomeno di commemorazione dei caduti in cui sono l’iniziativa e il sentimento popolari a prevalere, con l’appoggio delle amministrazioni comunali.

A livello locale si moltiplicarono le iniziative mirate all’erezione di monumenti in memoria dei caduti in battaglia, e secondo un processo di commemorazione finalizzato a restituire dignità e onore a coloro che si erano battuti a costo della loro stessa vita in una guerra massacrante.

I comuni hanno adottato sin da subito provvedimenti volti al recupero delle somme necessarie, nonostante le difficoltà economiche del periodo.

Il mio parere è che, dopo la guerra, il riconoscimento del monumento al Milite Ignoto è stato molto importante.

 

martedì 30 novembre 2021

Casa Editrice Tralerighe. Storia i Premi

 Tralerighe storia: 

assegnati i premi della seconda edizione del premio dedicato alle opere inedite di storia contemporanea, storia militare, memorialistica, diari

 

La seconda edizione del Premio Tralerighe storia è stata assegnata a sei saggi che hanno avvolto e coinvolto la la giuria presieduta da Andrea Giannasi. Dopo la prima e difficile selezione erano passati alla seconda lettura otto libri e alla fine si è deciso, come già avvenuto nella prima edizione, di concedere il primo premio a diversi manoscritti.

“Tanti i temi presentati – ha ricordato Andrea Giannasi - e non è stata facile la lettura e la valutazione dei manoscritti. Moltissime le opere presentate e alla fine crediamo di aver premiato delle eccellenze. I lavori affrontano argomenti tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, le stragi naziste e fasciste (in ambiti differenti) e poi elaborati che ruotano intorno ai diritti e al tema della violenza sessuale”.

Si aggiudicano il premio Vieni che ne vedrai delle belle di Silvio Olivero, un attento lavoro intorno alla strage della divisione Acqui a Cefalonia.
Il saggio La violenza sessuale nella seconda metà del Novecento: casi a confronto e dibattito femminista di Serena Terziani.
Il preciso lavoro dal titolo Le stragi naziste e fasciste di Cervarolo e della Bettola (Reggio Emilia): 1944 di Anna Lombardi.

La ricostruzione della figura di uno dei più importanti comandanti italiani durante la Prima guerra mondiale: Il generale Luigi Capello nella Grande Guerra di Maria Luisa Suprani Querzoli

Un interessantissimo e inedito in Italia lavoro di ricerca dal titolo Ebrei e neri negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e Sessanta. Lotte comuni e divergenze di Lisa Ridolfi. Infine una ricerca dal titolo L'arma che inganna di Fabio Montella, il lavoro verte sulla mimetizzazione arte militare nata durante la Grande guerra.

Tutti i libri premiati riceveranno un contratto di pubblicazione con Tralerighe libri editore specializzato in storia del Novecento.

La cerimonia di premiazione – salvo diverse indicazioni legate all’emergenza dovuta al Coronavirus si terrà a Lucca fine ottobre.

sabato 20 novembre 2021

Capitano Pietro Zanunelli

 

Maria Luisa Suprani Querzoli

 

Il coraggio e la generosità: la figura del Capitano Pietro Zaninelli

 

 

Se vuoi trovar l’Arcangelo da fante travestito,

ricercalo a Manzano e troverai l’ardito![1]

 

Una  brevissima premessa di ordine personale: durante uno dei miei viaggi sul Montello, passando nei pressi della Casa Bianca, appresi dell’eroico gesto del Capitano Zaninelli[2], gesto lucido e generoso a fronte della prospettiva pressoché certa dell’imminente fine.

Il valore degli Aditi è proverbiale, così come le loro abilità, ma il coraggio del giovane Capitano è da ascriversi ad un’altra categoria, quella della mera generosità d’animo: l’unica sua foto ad oggi pervenuta  (dove lo sguardo è lasciato all’immaginazione dell’osservatore) può essere assunta a ritratto di un’integrità e di una saldezza alle quali l’esaltazione appare estranea.

Il Montello, di per sé, rimanda all’asprissima Battaglia del Solstizio[3], la stessa che assistette alla perdita della figura dell’Asso dei Cieli, Maggiore Francesco Baracca. Gli Arditi detennero il triste primato, in quel frangente, della percentuale più alta di Caduti[4].

Durante tale battaglia d’arresto, la riconquista delle posizioni perdute sul Montello e a Nervesa divenne un obiettivo ineludibile.

Del dispositivo d’attacco predisposto allo scopo faceva parte la 1ª Compagnia ‘Aosta’, comandata dal Capitano Zaninelli. Il pomeriggio del 15 giugno 1918 essa fu impegnata in quattro assalti sanguinosissimi contro la Casa Bianca (ora Casa Zaninelli), caposaldo – osservatorio di grande rilevanza, tanto da renderne necessaria la pressoché impossibile conquista. Fu durante l’ultimo di questi assalti che il Capitano perì. L’osservatorio riuscì a giungere in mano italiana solo durante la notte, grazie al concorso della Compagnia ‘Monte Piana’[5].

La narrazione del momento, densissimo, precedente l’attacco:

 

Poi, tra Maggiore [Freguglia] e Capitano [Zaninelli] un rapido colloquio: gli ultimi ordini e gli ultimi scambi di idee davanti al terreno della battaglia; gli sguardi fissi al di là della siepe di destra; cenni con le mani, entro l’ingombro del fogliame, a indicare possibili vie, a stabilire obbiettivi.

E quando il Maggiore s’era allontanato, aveva ancora detto:

“Attento, tra poco, al segnale di tromba!”.

Tra poco. Gli assalitori eran lì, in attesa, sulla piccola striscia umida della strada sterrata tra le siepi, scherzando da ragazzi in piena libertà.

[…]

Zaninelli, pochi metri a monte del brusio delle Fiamme nere s’era, dal Cappellano del Reparto, in cristiana umiltà, confessato. Ora rientrava sorridente e sereno in mezzo agli assalitori che lo idolatravano. Timore della morte? All’ufficiale del II plotone che gli chiede in quell’attimo un ulteriore schiarimento, egli risponde senza la minima titubanza:

“Non vi preoccupate: ci sarò io!”.

[…]

Eccolo: l’attacco!

La Compagnia esce all’assalto in perfetta formazione d’attacco. […] La Compagnia di Zaninelli s’è buttata fuori dalla strada […] aprendosi a forza il varco attraverso la siepe di destra.

“Avanti a plotoni affiancati”.

E dopo pochi passi:

“Di corsa”.

Il Capitano stesso intona il canto degli Arditi.[6]

 

Medaglia d’Argento al Valor Militare

Cadeva colpito a morte da mitragliatrice nemica

alla testa degli arditi della sua compagnia,

dopo averli per tre volte condotti all’assalto di munita posizione nemica

al canto dell’inno del battaglione.

 

Montello, 15 giugno 1918[7]

 

La leggenda vuole che, di fronte all’ordine fatale, il Giovane abbia risposto con uno dei celeberrimi motti degli Arditi, dove traspare lo sprezzo della vita stessa, di fronte alla salvezza della Patria.

Nel tempo, lo stesso motto è divenuto sinonimo del massimo disimpegno nonché, anche se le accezioni appaiono scarsamente convergenti, di una certa indulgenza verso alcune espressioni del Ventennio (a ben vedere, esse costituiscono un furto del patrimonio di Valore degli Arditi di cui ancora si attende la restituzione).

La memoria, se non adeguatamente alimentata, tende a falsare le prospettive.

Può  così anche capitare di imbattersi, in un mercatino di cimeli militari[8], in una delle numerose Medaglie al Valore dello stesso Zaninelli, ceduta facilmente grazie all’oblio che circonda tuttora, immeritatamente, la sua generosità d’animo.

 

 



[1] Strofa tratta da un celebre Stornello degli Arditi (L. Freguglia, XXVII Battaglione d’Assalto. Gli Eroi del Montello, Bassano del Grappa: Itinera Progetti, 2017, p. 11).

[2] Capitano Pietro Zaninelli (Lodi, 11 ottobre 1895 – Giavera del Montello, 15 giugno 1918).

[3] Periodo: 15 – 23 giugno 1918; luoghi: Passo del Tonale; Altopiano dei Sette Comuni; Monte Grappa; Fiume Piave (Seconda Battaglia del Piave).

[4] «Particolarmente tragico fu il bilancio delle perdite in occasione della Battaglia del Solstizio, per il quale il Comando Supremo comunicò le seguenti percentuali: Arditi 20%, Fanteria 16%; Bombardieri 7%, Artiglieria 6%, Bersaglieri 6%, Mitraglieri 5%, Genio 2%»(L. Freguglia, XXVII Battaglione d’Assalto. Gli Eroi del Montello, cit., p. 14).

[5] Cfr. ivi, p. 16.

[6] Ivi, pp. 74 – 75.

[7] Ivi, p. 23.

[8] La testimonianza, risalente al 2011 e tuttora in rete, è presente in un forum italiani dedicato al mondo militare dei più seguiti.