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lunedì 21 marzo 2011

LE GUERRE GLOBALI, LE CONCEZIONI STRATEGICHE

E

LE RIVOLUZIONI NEGLI AFFARI MILITARI.



FABIO MINI


Tutti questi avvenimenti, in relazione alle epoche, ci riconducono a tre modelli di ordine che si sono succeduti nel tempo:

a. il primo ordine è quello divino, predesignato. Si tratta dell’ordine dell’impero cinese, quello che scaturisce dalle guerre omeriche, dalle guerre persiane, tutte caratterizzate dall’imprimatur divino, in base al quale il potere derivava dalla benevolenza del cielo;

b. il secondo ordine è quello terreno, sociale e politico. Si tratta dell’ordine che è seguito alle guerre dei Regni Combattenti, alle guerre del Peloponneso, ad Alessandro, alle guerre puniche e bizantine, al Sacro Romano Impero, ai mongoli, alle guerre napoleoniche e alle guerre mondiali (I e II) nonché alla guerra fredda e alla guerra del Golfo.

c. il terzo ordine è quello della sovrapposizione. C’è stato un periodo in cui i due ordini (quello divino e terreno) si sono sovrapposti, si sono confusi. E’ questo l’ordine che è derivato dalla Guerra dei 30 anni, dalle Crociate, dai Califfati arabi, dalle guerre arabo-israeliane, dal terrorismo e dalla guerra al terrore.



Conseguentemente anche le strategie si sono adattate a questo sistema e sono andate di pari passo alle diverse concezioni di ordine.

Dapprima vi erano i riti che prevalevano.

Successivamente si è passati all’annientamento e logoramento che erano i principi che sono andati avanti per secoli.

Poi comincia l’epoca del potere marittimo (Mahan) in base al quale si comprende che le guerre si possono vincere dal mare e non solo sul mare.

E’ l’epoca in cui l’Esercito viene usato contro popolazioni e risorse.

Il potere aereo, l’approccio indiretto, la ritorsione massiccia sono concetti che vengono superati nel momento in cui si raggiunge la parità nucleare. Da questo momento bisogna incominciare a capire: non basta più il potere massiccio in base al quale chi deteneva il monopolio nucleare dettava anche le regole!



Tutti questi concetti sono riconducibili ad un solo aspetto: le guerre sono attrito da cui deriva lo sciupio di risorse ed energie.

Da Clausewitz in poi la guerra si fa e si misura in termini di attrito. Vale a dire di maggiori o minori perdite, di maggiore o minore velocità di maggiore o minore energia dissipata. Il paradigma dell’attrito prevede la distruzione delle varie componenti delle forze in modo da rallentare, arrestare, distruggere e neutralizzare.

Durante la Guerra Fredda si sviluppano perciò i sistemi d’arma a d alto potere d’attrito o sistemi d’attrito letale. E si concepiscono organizzazioni grandi, potenti. Pletoriche e ridondanti.

Alla fine degli anni 70 i sovietici intuiscono che la combinazione dell’informazione la capacità di comando e le comunicazioni sono più importanti della potenza delle singole componenti o della loro sommatoria.

La rivoluzione descritta nella Joint vision 2010, propone di misurare gli effetti della guerra con i metodi dell’entropia fisica. Cioè la misura del disordine che si crea in un sistema quando è sottoposto a determinate condizioni. L’idea è allora che lo scopo dell’azione è creare il disordine nell’organizzazione e questo si può ottenere prendendo di mira le forze di coesione che tengono assieme il sistema avversario.

Delle tre componenti dinamiche che compongono il combattimento, lo spazio, il tempo e le forze, quest’ultime sono più facilmente misurabili in termini di attrito.



Con gli anni ‘70 sono i russi che incominciano a parlare di comando e controllo, comunicazioni, informazioni come aspetti fondamentali della nuova guerra.

Ma è John Boyd che teorizza il ciclo operativo e l’entropia, intesa, quest’ultima come il collasso organizzativo delle strutture quando sono sottoposte ad una sollecitazione. Da ciò deriva che la guerra oggi si misura in organizzazione.



Il pensiero strategico non rimane fossilizzato ma viene progressivamente integrato con studi di Kaplan, Cerny, Peters in cui la forma sociale prevale sulla tecnologia.



Kaplan in particolare si rifà al mondo bestiale di Hobbes, Cerny invece si riferisce al “Neo medievalismo” e Peters fa riferimento alle “forze occidentali contro le culture guerriere arcaiche e paramilitari”.



Dal ’99 in poi Kaldor elabora la teoria delle nuove guerre identitarie privatizzate.

Durante la commissione on National Security of 21st Century si incomincia a parlare di mondo fluido e complesso.

Il russo Gareev introduce invece il concetto degli approcci multidimensionali.

Con Huba Wass de Czege e Richard Hart Sinnreich svaniscono le differenze fra convenzionale e non convenzionale, civile e militare, fronte e retro, livello strategico e operativo… “golf bags” of varied military capabilities.

Si incomincia a parlare di operazioni militari in uno schema politico.

Si pongono paletti al Clausewitz lì dove si intende la guerra come la continuazione della politica con altri mezzi. In realtà secondo il Gen. Mini la guerra è il fallimento della politica.

Negli ultimi 10 anni ci siamo impegnati nelle operazioni militari in cui l’avversario era infinitamente meno armato e dotato.

Pertanto oltre al problema di combattere il nemico c’era anche quello legato all’eccesso di potenza, di arroganza che diventava un aspetto fondamentale perché si correva il rischio di non controllare più le conseguenze della propria azione.

Sono due colonnelli cinesi che incominciano a parlare, per primi, di asimmetria (Qiao Liang e Wang Xiangsui).

Tutte queste nuove strategie e concetti hanno sempre avuto bisogno di un sostegno. La storia diventa pertanto uno strumento e il punto di appoggio per la strategia. Essa viene presa per guidare o giustificare la strategia (Hard e Boyd).

Le teorie strumentali.

La Storia strumentale alla Strategia (Hart- Boyd)

La scienza strumentale alla strategia e all’industria

– Nye e Owens : il sistema dei sistemi

– Alvin e Heidi Toffler: le ondate tecnologiche

– Boyd: Entropia e Caos

La cultura strumentale all’ideologia:

– Huntington: lo scontro di civiltà

– Francis Fukuyama: la fine della storia

– B. Lewis et alias: liberazione dell’Islam

La paura strumentale agli interessi

– Terrorismo

– Guerra al Terrore

– Guerra preventiva

Da cui derivano nuovi concetti operativi.



Oggi il Network Centric Waerfare è il concetto per eccellenza delle operazioni dei nostri tempi. Tale concetto incomincia ad affermarsi già nel 1996 con Nye e Owens che elaborano il System of System. Nel 2003 viene pubblicato un libro sul Power to the edge (Alberts e Hayes): Global Information Grid (GIG). Infine si arriva a Netcentric Enterprise Services, Cooperative Engagement Capability, Future Combat System, Netcentric Enterpriese Solutions Interoperability (NESI), Net centric Operation and Warfare Reference Model, Netcentric Check-list, Network Centric Operationas Industry Consortium. Ma cosa sono in realtà tutti questi concetti? Altro non sono che soldi. Il sistema è finalizzato a permettere le comunicazioni con tutti gli altri soggetti presenti sul campo di battaglia, ma alla fine attesa la sua complessità, riusciremo a parlare con tutte le altre forze tranne che con le nostre!



Si parla di guerra della 4^ generazione (William S. Lind) che è quella della guerra lunga, complessa, decentrata, fatta da soggetti inseriti in un network ideologico, violento. Tale guerra comprende il terrorismo, le basi transnazionali, l’attacco alla cultura, il concetto di guerra psicologica, di manipolazione dei media, e l’impiego di ogni risorsa politica, economica sociale e militare.

Questo tipo di guerra è riconosciuta da molti come non come una novità.

La grande novità è che questa è la guerra che si deve affrontare.



Il mondo cambia e la valutazione della guerra è subordinata ad alcuni parametri quali risorse, demografia, economia, ruolo degli Stati nella definizione della minaccia, fallimento degli Stati. Ma quante civiltà ci sono oggi? Dove si combatte?

Si combatte nello spazio, nell’ambiente, in mare, di meno nelle aree rurali ma molto di più negli agglomerati urbani che sono diventati il fulcro delle nuove guerre (questo perché oggi le megalopoli sono aumentate nel numero).

La tecnologia non permette di fronteggiare adeguatamente questi problemi (i concetti/sistemi di joint urban warfare e small unit non sono sufficienti).



Oggi non abbiamo capito che le guerre sono diventate infinite e… sono senza vittorie.

Se per vincere è necessario uccidere persone inermi e deboli allora significa aver perso la caratteristica dell’etica.

La guerra è complessa e pertanto non si può fare il riduzionismo né l’addizionabilità né la proporzionalità.

Oggi siamo in guerra, in una guerra in cui sembra di non vedere opzioni alternative.

Non sappiamo valutare, immaginare, scegliere, risparmiare, non avere scampo.

Se vogliamo veramente vincere dobbiamo fare in modo che sia l’avversario a perdere e non noi a imporre la nostra vittoria.

Il nostro problema (che non abbiamo capito) è che il mondo è fatto di risorse e c’è chi le ha e chi non ne dispone. A questa realtà bisogna fare attenzione: non dobbiamo limitarci a guardare solo la prospettiva militare dei conflitti (che solitamente è l’unica alla quale i militari guardano). Infatti dobbiamo avere un approccio generale e guardare non solo alle aree dei conflitti. Dobbiamo guardare alle minacce nascoste quelle che si insinuano negli interstizi (politica/criminalità, operazioni militari/criminalità, attività legali/attività illegali, interessi pubblici/privati, interessi globali/locali etc.)

Bisogna perseguire il vantaggio competitivo senza sopraffazione.



Rivalutare la NOOSFERA (dal greco noos = mente) in cui le idee, i valori, l’etica prevalgono.

E’ stata invece teorizzata “the might is right” (Rand): in base alla quale la potenza ha ragione.

Noi dobbiamo capovolgere questa concezione e perseguire il concetto “the right is might”, cioè bisogna ritornare all’etica e alla legalità

giovedì 10 marzo 2011

GLI ARDITI DEL SUD

di Eugenio Moretti
Le vicende della guerra segnarono anche il X° Reggimento Arditi, che segui la sorte di tanti altri reparti italiani; alcuni si adeguarono alle clausole dell'armistizio dell'8 settembre 1943, altri continuarono invece a combattere a fianco dell'ex alleato tedesco.

Per quanto attiene a quanti operarono a fianco degli alleati, l'8 settembre sorprese il I° Battaglione Arditi in Sardegna. Il reparto non subì sbandamenti restando fermo nella sua efficienza operativa grazie soprattutto all'opera del proprio Comandante, il Ten. Col. Guido Boschetti.

Il 12 Settembre, attaccato in forze dai tedeschi che gli intimarono la resa, contrattaccò, respingendoli sanguinosamente.

Il 19 febbraio 1944 il battaglione sbarcò a Napoli e immediatamente fu schierato a fianco degli alleati sulla linea del Volturno. Questo avvenimento segna l'ingresso degli Arditi nel C.I.L.. il Corpo Italiano di Liberazione.

Il 19 marzo il reparto cambia nome per volere del Gen. Messe e diventa IX Reparto d'Assalto dall'omonima unità che nella Prima Guerra Mondiale aveva gloriosamente combattuto proprio agli ordini dell'allora Maggiore Messe sui monti Grappa e Col Moschin.

A maggio, al momento dell'avanzata, il IX Reparto d'Assalto è un'unità organica con poco più di 400 Arditi in tutto così articolata:

• plotone comando

• 4 compagnie arditi: tre d'assalto (102,110,123) e una armi d'accompagnamento (104).

Il reparto, inquadrato nel 68° Reggimento Fanteria del Gruppo di Combattimento "Legnano" resta al fronte per tutta la durata della guerra.

In pratica il contributo del IX Reparto d'assalto "Col Moschin" nella guerra di liberazione, dall'8 Settembre 1943 all'8 Maggio 1945, fu, tenuto conto dell'esiguità del suo organico, particolarmente elevato. Le perdite totali assommarono a 60 caduti e circa 200 feriti.

Numerosi furono i riconoscimenti ufficiali sia da parte delle nostre Autorità militari che dei Comandi Alleati. Ricordiamo, oltre alle decorazioni al Labaro, una M.O.V.M, 48 tra M.A.V.M. e M.B.V.M, una Silver Star americana, 7 decorazioni polacche e ripetuti encomi solenni.

Al termine del conflitto, nell'Agosto 1946, il reparto fu sciolto. In seguito fu donata la Bandiera di Combattimento (anno 1976) al 9° Battaglione Paracadutisti "Col Moschin" di Livorno ora 9° Reggimento Paracadutisti "Col Moschin".

Per non dimenticare la mia diretta partecipazione mi sia consentito il seguente aneddoto:

inizio primavera 45 ci sono ordinate azioni di disturbo nella zona della linea Gotica (che sarà poi teatro finale con sfondamento linea nemica - e liberazione città Bologna).

Nelle primissime ore del mattino del 10 aprile preceduti da nutriti fuochi di artiglieria, diretti da un valido osservatore, il sottotenente Poli, (Presidente nazionale ANCFARGL) iniziano gli attacchi ai due obbiettivi prefissati: Parrocchia di Vignale e Quota 459 che sono posizioni fortificate e contornate da campi minati.

La 110ma compagnia con obiettivo Parrocchia di Viguale al comando dei S.Ten Manenti e Ten. Gagliardi, e la 123° compagniacon obiettivo Quota 459 Sot.Ten. Palma e Schiavoni. Cruenti furono i combattimenti con accesi corpo a corpo; grande abnegazione del S.Ten. Manenti che, incappato su di un campo minato nel tentativo di salvare un suo ardito dalla morsa delle mine, resta colpito mortalmente dallo scoppio di un ordigno. Nel contempo il giovane marconista Caporale Moretti avuto l'apparato radio portatile colpito da schegge sia al vano porta batteria che al laringofono, lo ripara sotto il fuoco dei mortai e riesce a trasmettere in radiotelegrafia la richiesta di annebbiare il fronte per poter ripiegare i reparti che hanno portato a termine l'azione.

L'esito glorioso delle due azioni non è stato incruento e sette morti più una quindicina di feriti di cui alcuni gravi, è stato il tributo del IX Reparto d'Assalto.

La mattina del 21 Aprile il Gen. Utili seguìto dalla bandiera del IX Rep. d'assalto entra in Bologna da Porta S.Stefano tra una fitta ala di folla festante.


Eugenio Moretti

ANCFARGL Genova

'Chiedo scusa per eventuali inesattezze dovute semrnai alla riduzione di memoria per il tempo ahimè non più recente~"