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Palazzo Salviati. La Storia

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lunedì 14 novembre 2011

L'Asinara: Il Parco

L'Asinara, per dimensioni la seconda isola sarda dopo Sant'Antioco, presenta una forma stretta, allungata in senso Nord-Sud con un andamento della linea costa molto frastagliato, indice di una notevole varietà di habitat. L'Isola presenta una situazione storica, ambientale e giuridica estremamente singolare. Sebbene i primi resti della presenza umana risalgano al neolitico, la natura si e potuta conservare grazie ad un susseguirsi di eventi che le fecero assumere il nome poco accattivante di Isola del Diavolo: è stata una Stazione Sanitaria di quarantena, un campo di prigionia nella prima guerra mondiale ed uno dei principali supercarceri italiani durante il periodo del terrorismo degli anni '70 e nella lotta contro la delinquenza organizzata sino all'istituzione del Parco. Questo isolamento, durato oltre un secolo, ha provocato da un lato la nascita del fascino e del mistero dell'Isola e dall'altra l'indiretta conservazione di alcune aree integre e vergini, rendendola un patrimonio unico e di inestimabile valore a livello internazionale.

Flora e vegetazione

Il territorio dell'Asinara ha subito negli ultimi anni un intenso uso delle risorse da parte dell'uomo che ha condizionato in particolare il paesaggio vegetale. Soprattutto le zone interne, per gli usi agricoli, forestali e zootecnici, esercitati spesso in modo irrazionale, risultano a volte alterate e degradate. Le famiglie numericamente più rappresentate sono le composite, le leguminose e le graminacee, che insieme alle ombrellifere e alle scrofulariacee, rappresentano circa la metà della flora spontanea dell'isola.

La Fauna

Anche la fauna ha subito negli ultimi decenni profonde modificazioni. Le fonti storiche riportano la presenza di specie importanti da un punto di vista naturalistico come il muflone, il cervo sardo, la foca monaca e il falco pescatore. Nell'isola oggi sono segnalate oltre 80 specie di vertebrati terrestri appartenenti alle classi degli Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi. Tuttavia il numero non fornisce un'idea dell'importanza che l'isola riveste a livello internazionale per la conservazione e riproduzione della fauna selvatica che annovera diverse specie rare e in via di estinzione. Fra le entità endemiche possono essere ricordate la luscengola, un curioso rettile squamato, la lepre sarda e la crocidura rossiccia, piccoli riditori; fra le specie sardo-corse la piccola lucertola algiroide nano, il barbagianni di Sardegna, lo scricciolo, il pigliamosche e lo zigolo nero, nella sottospecie sarda, il quercino e il muflone.

Per quanto riguarda il loro status di conservazione possono essere segnalate:

 tre specie vulnerabili: uccello delle tempeste, gabbiano corso e sterna comune;

 due specie a status indeterminato: berta maggiore e berta minore;

 sette specie rare: muflone, algiroide nano, lepre sarda, testuggine comune, tarantolino, falco pellegrino, cormorano dal ciuffo;

 tre insufficientemente conosciute: discoglosso sardo, pernice sarda e gazza.

L'asino bianco dell'Asinara

L'asino bianco (Equus asinus var. albina) è caratterizzato da dimensioni ridotte che in un soggetto adulto sono di circa 1 m di altezza al garrese. Presenta una testa quadrangolare con profilo rettilineo, collo corto, arti robusti, piede bianco, piccolo e poco resistente. Presentano una marcata fotofobia ed un andatura incerta in ambienti luminosi. L'originalità dell'animale è dovuta al caratteristico fenotipo che si manifesta con colorazione bianca del mantello, colore rosa della pelle e parziale pigmentazione dell'iride, percepita di colore rosa-celeste.

L'ambiente marino

L'ambiente marino costituisce per l'Asinara elemento di particolare pregio ed interesse scientifico ed è sostanzialmente caratterizzato da un'elevata integrità e diversità delle comunità floro-faunistiche, da un notevole valore paesaggistico, dall'ottima qualità delle acque in termini ecologici e di contaminazione chimica.

La Storia

Solo la storia più recente, documentata o trasmessa a voce, fa conoscere le vicissitudini umane ed ambientali di quest'isola e le sue storie, grandi e piccole. Della storia dell'ultimo secolo si hanno poche informazioni documentate, per la maggior parte filtrate dall'inaccessibilità carceraria. Più indietro nel tempo esistono documenti d'archivio e ricostruzioni di qualche studioso, ma non esiste una analisi storica completa delle vicende dell'isola. E' per questo che la Soprintendenza Archeologica di Sassari ha in atto una campagna archeologica e storica che consentirà, per la prima volta, con documenti d'archivio e con ricerche sul campo terrestre e marino, di riscrivere la Storia di quest'isola del Mediterraneo.

La prima presenza umana antica sull’isola sembra essere di origine protonuragica, con le domus de janas (letteralmente case delle fate: tombe o dimore?) costruite negli anfratti dell’unica lente di calcare morbido presente sull’isola, nei pressi della ex-diramazione carceraria agricola di Campu Perdu. Coevo è il bronzetto nuragico, raffigurante il bue stante, che pare sia stato ritrovato sull’isola e che ora è esposto all’Antiquarium Turritano di Porto Torres, ma la sua provenienza è tuttora incerta.

Oltre cento chilometri di coste, secche e rocce affioranti costituiscono un ambiente quasi inesplorato della storia marina dell’isola; i fondali non sono solo ricchi di pesci e alghe, ma anche di relitti di navi di tutte le epoche, affondate per eventi naturali di particolare intensità, per l’insidia dei fondali o per le numerosissime e cruente battaglie navali. Recente è il ritrovamento di un relitto di epoca romana, che trasportava anfore contenenti prodotti a base di pesce, ora visibile a pochi metri di profondità, a poca distanza dal molo di Cala Reale. Sul terreno, inoltre, non è difficile imbattersi in un coccio di tegola o anfora romana, segni espliciti di una diffusa presenza anche sulla terraferma. E’ certo dunque che i romani abitarono l’isola, tenendo stretti contatti con la vicina colonia di Turris Lybissonis, l’odierna Porto Torres. E diedero all’isola il nome di Sinuaria, per via delle numerossissime insenature.

Le prime incursioni degli Arabi in Sardegna a all’Asinara risalgono al 700 d.C. e sono caratterizzate da furibonde battaglie con i fieri Sardi, popolo intenzionato a difendersi ma assolutamente sprovvisto di mezzi adatti. La ritirata verso l’interno da parte delle popolazioni costiere lasciò scoperte coste e isole, che diventarono teatro di battaglia delle Repubbliche marinare, in particolar modo di Genova e Pisa.

Dopo la vittoria del 1015 contro Mugahid, l’ultimo invasore islamico, la Sardegna si aprì al continente, favorendo lo stanziamento delle diverse famiglie, specialmente liguri e toscane, attirate dai facili guadagni che la Sardegna allora prometteva. Fra queste casate vi furono anche i malaspina, marchesi di Lunigiana, che pare abbiano fatto erigere il castello situato nel massiccio che sovrasta lo stretto passaggio marino di Fornelli. La storia di questo castello, che dal basso della collina si confonde quasi con le rocce granitiche, appare tuttora comunque controversa: alcuni, ad esempio, ne fanno risalire la costruzione interno al 1590.

Tra le varie battaglie navali nelle acque dell’isola tra Aragonesi, con base ad Alghero, e i Genovesi, di stanza all’Asinara, si ricorda quella avvenuta nel 1409, che alla fine vide vincitori questi ultimi, pur se numericamente inferiori, in quanto in possesso delle bombarde, che in questa battaglia, per la prima volta, vennero usate nelle acque sarde.

Negli anni intorno al 1500, per il perdurare delle incursioni dei turchi e dei mori cominciarono ad edificarsi sulle coste sarde le torri di avvistamento e difesa; ma, almeno in un primo momento non bastarono a difendersi dai pirati, primo fra i quali il Barbarossa, che fece dell’Asinara la sua base per le scorrerie nel Tirreno, arroccandosi nel fortilizio del castellaccio, nella zona di Fornelli. A partire dal 1600 gli aragonesi costruirono le torri di Cala d’Arena, di Cala d’Oliva e di Trabuccato, tuttora visibili anche se non in ottimo stato. E i loro custodi, gli alcaici e gli artiglieri, esercitarono la loro indispensabile funzione anche contro i nuovi corsari del Mediterraneo, i francesi.

Quando la Sardegna nel 1720 passò ai Savoia, l’Asinara cominciò a popolarsi con pastori provenienti dalla Corsica e rifiutati dai sardi della Gallura e del Logudoro. Anche la tonnara di Trabuccato, in funzione da secoli e temporaneamente dismessa, riprese la sua produttività. Si arrivò in quel periodo a circa 100 abitanti, tra pastori, pescatori e torrieri. Uno dei più clamorosi tentativi di colonizzazione avvenuti nel passato fu quello dei fratelli francesi Gioacchino e Felice Velixandre. I due, speculatori di professione, fecero di tutto pur di avere la concessione dell’isola dal Governo Sardo, col preciso impegno di popolarla e colonizzarla. E’ stata sempre questa la storia dei Sardi, sempre incapaci di valutare le risorse locali, sempre animati dal desiderio di trovare un colonizzatore capace di farli rinascere. Insomma, nel 1767, i due francesi vararono il primo piano dell’isola dell’Asinara; i Velixandre allontanarono i 69 abitanti locali e vi insediarono 150 coloni francesi, i quali, però, si arresero alle difficoltà ambientali e agli imbrogli dei due fratelli che rinunciarono,nel breve volgere di due anni, al tentativo di colonizzazione.

L’iniziativa dei Velixandre servì se non altro a richiamare l’attenzione, sempre tutt’altro che disinteressata, di molti; fra questi, un nobile sassarese, Don Antonio Manca Amat, Marchese di Mores, riuscì a convincere l’allora Re di Sardegna Vittorio Amedeo II di Savoia, che nell’anno 1775 gli concesse l’isola con il titolo di Duca dell’Asinara. Sotto questo nuovo regime feudale migliorò la situazione dell’isola. Don Antonio fece arrivare dei Liguri che, forti delle loro esperienze, diedero segni concreti di sviluppo nell’agricoltura e nella pesca. Questo travaso di popolazione e cultura ligure venne reso più facile dall’unione politica tra la Repubblica Marinara di Genova e il Regno di Sardegna. Comunque, anche in questo caso l’incremento demografico che tutti si aspettavano non si verificò. La soppressione dei Feudi dell’Asinara e dell’isola Piana, venne regolata da una legge del 1837. Nel 1883, sette anni prima che avesse termine tale regime feudale, gli abitanti dell’isola non superavano le 250 unità.

La Legge n.3183 del 28 giugno 1885 autorizzò l’espropriazione dell’Asinara per stabilirvi una colonia agricola ed un lazzaretto, con uno stanziamento di ben 600.000 lire per la prima e di 400.000 per il secondo. La Legge passò non senza contrasti e non senza la ferma, tenace ed ostinata reazione degli abitanti della piccola isola. Trasferire in Sardegna gli abitanti dell’Asinara non fu cosa di poco conto: dovette intervenire la forza pubblica e navi da guerra traghettarono forzatamente i più ostili. La maggior parte del bestiame perì nelle operazioni di trasporto, mentre più tardi gli ex Asinaresi furono decimati dalla fame e dalla tubercolosi. Le 45 famiglie provenienti dall’isola trovarono un luogo adatto nella vicina Nurra e fondarono il borgo di Stintino.

Dopo la fine della grande guerra, l’isola risulta divisa tra tre Ministeri: Ministero della Marina, per i fari di Punta Scorno e della Reale; Ministero della Sanità, dalla Stazione Sanitaria Marittima della Reale a Trabuccato; Ministero di Grazia e Giustizia, tutto il restante territorio, utilizzato come casa di lavoro all’aperto. In quegli anni venne istituito il primo servizio di posta, effettuato con una barca a vela latina, il Postalino.

Negli anni dopo la campagna di Etiopia, tra il 1937 e il 1939, furono deportati all’Asinara centinaia di confinati etiopi, per essere sottoposti a “osservazione e bonifica sanitaria”. Tra essi anche la figlia del Negus Ailè Selassiè, che morì poco dopo a Torino, dopo aver perduto il figlioletto proprio all’Asinara. E’ sempre di quel periodo la costruzione di fortini e postazioni antisbarco, tuttora visibili in tutta l’isola.

Nella seconda guerra mondiale, l’Asinara non fu direttamente coinvolta in alcuna azione bellica, anche se non mancarono episodi rilevanti, come l’affondamento della corazzata italiana Roma avvenuto al largo di Punta Scorno esattamente il giorno dopo l’armistizio. In quegli anni cessa l’attività della Stazione Sanitaria, che viene in parte destinata ad ospitare persone in soggiorno obbligato per sospetto di mafia.

Dopo la seconda guerra mondiale l’amministrazione carceraria riprese il controllo dell’isola, con la colonia agricola impegnata nella coltivazione di cereali, ortaggi e vigneti e con l’allevamento di bestiame. E’ degli anni ’60 la costruzione di importanti opere e infrastrutture, quali bacini artificiali e interventi portuali.

Si arriva così alla metà degli anni ’70, quando una diramazione del carcere fu destinata a detenuti di particolare pericolosità. Erano questi gli “anni di piombo”, quelli in cui il fenomeno del terrorismo rappresentava un pericolo per lo Stato. In particolare l’art.90 del Nuovo Ordinamento carcerario del 1975 destinava un particolare trattamento ai terroristi reclusi, che durò sino alla sua revoca nel 1984. Soggiornarono allora nel supercarcere di Fornelli i maggiori esponenti del gruppo terroristico delle Brigate Rosse, quali Renato Curcio e Alberto Franceschini, oltre a una nutrita rappresentanza di detenuti appartenenti all’Anonima Sarda.



Nel mese di aprile 1988 viene presentato un disegno di legge dal senatore Montresori e da tutti i parlamentari sardi, per il trasferimento dell’isola dal Demanio Statale alla Regione Sarda, con destinazione parco naturale. In seguito, però, ad una polemica registrata dalla stampa sui privilegi rilasciati a parlamentari e funzionari ministeriali, nasce la sfida di popolo che consiste nell’osare ciò che è sempre stato negato a molti per il godere di pochi: il sindaco Rodolfo Cermelli guida la spettacolare azione dimostrativa di protesta che sfocia nel famoso “tuffo” nelle acque interdette il giorno 20 agosto e nel conseguente sbarco sulla spiaggia di Cala Sant’Andrea di oltre 700 persone con un centinaio di imbarcazioni, con notevole eco sugli organi di stampa e comunicazione. Nel frattempo il Ministero della Sanità rinuncia ai diritti sull’isola e lascia la sua porzione del territorio al demanio dello Stato.

Nel 1991, proprio quando sembra prendere consistenza l’idea del “carcere leggero”, se leggero può definirsi un carcere, il Senato approva il disegno di legge sulle aree protette: fra queste, oltre al Gennargentu e Golfo di Orosei, a sorpresa viene inserita, con un emendamento del Senatore Montresori, anche l’isola dell’Asinara. La legge quadro sulle aree protette n.394 viene approvata dal Parlamento e con l’art.34 viene istituito il Parco nazionale del Golfo di Orosei, Gennargentu, e Isola dell’Asinara, con la clausola che entro sei mesi si perfezioni la prevista intesa con la Regione Sarda, pena l’istituzione di un altro Parco nazionale in luogo del Parco sardo. Nel febbraio 1992 si riunisce a Cagliari la commissione mista incaricata di studiare la proposta Amato per la creazione di un villaggio penitenziario sull’Asinara, che si conclude però con un nulla di fatto proprio a causa di diversità di vedute nella gestione del territorio dell’isola tra Ministero di Grazia e Giustizia e comunità locali. Nel giugno 1992 si firma comunque l’intesa Stato-Regione che sancisce l’istituzione del Parco Nazionale sardo.

Nell'ottobre 1995, in un incontro Stato-Regione, si ribadisce la proposta di una possibile suddivisione in due settori del territorio dell’isola: da una parte il carcere (ancora per due anni) e dall’altra le prime basi per la creazione del Parco nazionale. Insomma, una soluzione compromissoria rispetto a quanto dettato dalla legislazione vigente, ed in particolare dalla Legge 422/92 che fissava il termine della dismissione completa del carcere al 31 dicembre 1995. Il 28 ottobre Federico Palomba, presidente della Regione Sarda, annuncia che l’indomani si sarebbe firmato l’accordo fra Stato e Regione per l’istituzione del Parco nazionale. Ma, contemporaneamente, proprio lo stesso giorno, ritornano all’Asinara “ospiti” di rilievo fra i quali spiccano i nomi di Totò Riina e Leoluca Bagarella. In dicembre il Consiglio dei Ministri vota una proroga di altri quattro anni per la presenza del carcere, facendo slittare alla fine del 1999 la creazione del Parco.

Nel gennaio 1996, dopo l’arrivo nell’isola dell’Asinara di un altro detenuto di spicco, Renato Vallanzasca, la reazione della comunità locale si fa sentire: il Sindaco Dessì e l’intero Consiglio Comunale minacciano le dimissioni nel caso in cui il Governo non ottemperi agli impegni presi e il deputato sardo Giampaolo Nuvoli invita gli altri parlamentari sardi a fare altrettanto. Nel frattempo, i Verdi di Porto Torres, organizzano un “Comitato di liberazione” ribadendo la loro contrarietà per il metodo di politica moderata che non aveva portato fino ad allora a risultati concreti. Il 5 gennaio si svolge in città, in silenzio ma con una larga partecipazione popolare, una fiaccolata per la liberalizzazione dell’Asinara, nell’ennesimo tentativo di sensibilizzazione. Il 7 febbraio 1996, il Consiglio Comunale, dopo ripetuti tentativi di dialogo istituzionale, si riunisce in piazza Montecitorio a Roma, davanti alla Camera dei Deputati, per manifestare tutta la rabbia nei confronti del Governo che non ha ottemperato alla data di scadenza del 31 dicembre 1995 per la dismissione del carcere. Il 22 febbraio però il decreto scade e viene reiterato il testo originario. In giugno arriva anche il parere negativo ai requisiti della necessità e urgenza dell’utilizzo delle carceri di Pianosa e Asinara: le azioni popolari e istituzionali evidentemente portano i loro benefici effetti ma ancora il Parco non c’è. E si notano le prime manifestazioni di preoccupazione da parte dei 330 agenti di custodia sardi ancora presenti all’Asinara, 150 dei quali abitano a Porto Torres.

Il 1997 è l’anno decisivo per la creazione del Parco. Già dal mese di gennaio il Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi conferma la volontà di istituire un sottocomitato per l’Asinara, che opererà in maniera autonoma data la sua specificità e poca omogeneità rispetto al Parco del Gennargentu. Il primo passo per lo scorporo dell’Asinara si concretizza con la Legge 344 del 1997, nella quale all’art.4 viene istituito il Parco Nazionale dell\'’Asinara.

Durante la Conferenza Internazionale sulle Isole Protette del Mediterraneo, organizzato in aprile dall’Amministrazione Comunale di Porto Torres e dall’Associazione Mediterranea per l’Avifauna Marina Medmaravis, i rappresentanti dei parchi insulari e marini del Mediterraneo, scienziati e ricercatori di levatura mondiale, uomini politici e cittadini, si recano sull’isola dell’Asinara per quella che può essere considerata la prima visita turistica autorizzata ufficialmente nell’isola.

Nel giugno del 1997, il neoeletto sindaco Eugenio Cossu, indica al Sottosegretario del Ministero dell’Ambiente Valerio Calzolaio, in visita sull’isola, le priorità per l’inizio dell’avventura Parco: viabilità, trasporti e vigilanza.

Nel novembre del 1997 viene emanato il Decreto di perimetrazione provvisoria del parco e le prime norme di salvaguardia. Nel gennaio dell’anno successivo, successivamente alla partenza degli ultimi agenti della Polizia Penitenziaria, si insedia sull’isola il primo nucleo del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Sarda, con precisi e impegnativi compiti di controllo dell’isola a terra e a mare, in collaborazione con la Capitaneria di Porto Torres. In attesa dell’istituzione di un organo di gestione del Parco, le strutture e gli animali domestici dell’Amministrazione Penitenziaria vengono affidati all’Azienda Foreste Demaniali della Regione, già presente con il personale sull’isola con compiti di riqualificazione ambientale.

Nel marzo del 1998 viene nominato Presidente del Parco Eugenio Cossu, sindaco di Porto Torres, insieme agli undici componenti del Comitato di gestione Provvisoria, in rappresentanza della comunità locale, degli Enti territoriali istituzionali, delle Associazioni ambientaliste, dell’Università e del Ministero dell’Ambiente.

Il Parco comincia effettivamente ad operare a metà del 1999, con la creazione di una struttura operativa composta da tecnici e personale amministrativo, struttura indispensabile per un’impresa ambiziosa e mai sperimentata in Sardegna e forse in altre parti del mondo: recuperare un’isola e il suo ambiente, per oltre 100 anni interdetti al pubblico e destinati ad usi diversi, ripristinando soprattutto le condizioni naturali e ambientali, la vivibilità e l’efficienza delle infrastrutture di servizio, ma salvaguardando in particolar modo l’atmosfera e l’anima del luogo.

Nel giugno 2000, l’intero compendio dell’Asinara comprendente terreni ed immobili viene trasferito dal Demanio dello Stato alla Regione Sardegna, così come previsto dallo Statuto Sardo per le dismissioni demaniali. Restano comunque allo Stato, in capo a vari Ministeri, alcune limitate porzioni di territorio per usi governativi: oltre al faro di Punta Scorno ed alcune zone sommatali di Punta Maestre Serre, affidate ai Ministeri di Difesa e delle Comunicazioni, sono affidate al Ministero dell’Ambiente a al Ministero dei Beni Culturali le strutture più importanti dell’area di Cala Reale. Altre strutture vengono affidate al Ministero delle Finanze, della Giustizia, della Difesa e dell’Interno.

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