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martedì 10 marzo 2020

La coalizione hitleriana. La repubblica Sociale Italiana 2


La nascita
Gli italiani appresero che si sarebbe costituito un nuovo Stato in occasione del discorso di Mussolini pronunciato da Radio Monaco il 18 settembre 1943. Oltre alla sorpresa di sentire di nuovo la voce del Duce, che era letteralmente scomparso dal 26 luglio 1943 si apprese un nuovo elemento che avrebbe interessato la coscienza di ogni italiano. Lo Stato che si andava a costruire con un proprio Governo voleva riprendere le armi e combattere a fianco della Germania e del Giappone e degli altri Stati alleati alla Germania, ricostruire nuove forze armate; eliminare i traditori del fascismo a tutti i livelli, quindi una sorta di vendetta che avrebbe portato ad uno spargimento di sangue tra italiani, ed infine porre al centro della politica il lavoro come base della società del nuovo stato, in una sorta di socialismo rigenerato.
Mussolini fu preceduto nel suo rientro in Italia da Pavolini che fissò a Roma a palazzo Wedekind il Quartier Generale del Partito. Iniziarono le trattative per la formazione del Governo, con Pavolini come esponente centrale di ogni trattativa. Secondo il giudizio dell’ambasciatore tedesco a Roma  Rahn “ la formazione del nuovo governo fascista repubblicano da parte di Pavolini è stata una tragicommedia piena di intrighi disgustosi per i posti e le occulte rivalità”.[1] Emersero le situazioni a Roma che si erano annunciate al Quartier generale del Fuhrer a metà settembre in cui il gruppo dei gerarchi, appoggiato da quel o quell’altro ministro tedesco, tutti tesi ad ingraziarsi i favori del Duce ed acquisire la sua fiducia, ognuno vantandosi anche a sproposito di avere notizie e conoscenze fondamentali soprattutto nell’atteggiamento tedesco, da cui dipendeva tutto. Mussolini non riuscì a dominare tutto questo, anzi lo favoriva nel solco delle esperienze precedenti. Sarà una caratteristica della Repubblica Sociale questa lotta fra gerarchi che non solo la indebolirono ma la screditarono ancor più agli occhi dei tedeschi. La stessa posizione del Duce ne ebbe conseguenze disastrose in termini di immagine e di credibilità. L’aver convinto il maresciallo Graziani ad assumere il dicastro della Difesa, secondo Rahn, sollevo di non poco il prestigio del nuovo governo, anche se questo poi si rileverà un altro fattore di debolezza e di dissidio.
 Il 23 settembre 1943 Mussolini da Monaco in volo raggiunse l’aeroporto di Forlì. Qui era atteso dall’ambasciatore Rahn e dal generale delle SS Wolff, che gli schierò la guardia delle SS, per la resa degli onori. Detta guardia che per espresso volere di Hitler fu distaccata presso Mussolini. In pratica fin dal primo momento del suo arrivo in Italia un plotone di SS controllava tutti i movimenti e le azioni di Mussolini ai diretti ordini di Wolff. Questo plotone seguirà Mussolini fino a Dongo, il 27 aprile del 1945 e non lo lascerà un solo istante.
La nascita della Repubblica Sociale può essere fatta risalire al 23 settembre, giorno in cui Mussolini arrivò in Italia, oppure al 27 settembre, giorno in cui Mussolini convocò il primo Consiglio dei Ministri alla Rocca delle Camminate. In questo arco di tempo Mussolini ebbe modo di farsi un quadro definitivo ed esaustivo del collasso sia del Partito Nazionale Fascista a luglio sia a seguito della crisi armistiziale. Il nuovo Stato aveva teoricamente giurisdizione nelle provincie centro-settentrionali, ma era senza capitale, in quanto Roma era stata dichiara dai tedeschi territorio operativo e quindi sotto il loro totale controllo, senza un esercito ovvero senza forze armate, senza una amministrazione civile, con una minaccia reale a sud dall’azione delle forze alleate. Ma la cosa più grave era che vi era la presenza di armate di un alleato, quello tedesco, tanto potente quanto scettico i cui organi civili e militari occupavano in realtà tutto il territorio del nuovo Stato, emettendo moneta propria, requisendo fabbriche e installazioni e dando ordini alle autorità civili italiane ancora esistenti.
Le decisioni adottate nel primo Consiglio dei Ministri sono i primi passi della Repubblica Sociale Italiana, e non furono tutti felici. Mussolini non ebbe successo presso i tedeschi ad avere Roma come capitale del nuovo stato; Roma godeva dello status di “Città Aperta” ma era anche vitale come immediata retrovia del fronte meridionale tedesco. Il non aver avuto Roma come capitale simboleggiava agli occhi degli italiani lo sfacelo dell'Italia son solo come entità territoriale, ma anche come entità storica. Come poteva nascere un nuovo Stato di unità nazionale senza la capitale storica. Si dovette ripiegare su un'altra località, possibilmente vicina al Quartier generale delle forze tedesche che era a Belluno. Nei giorni seguenti furono trovate soluzioni vari ed alla fine gli organi del nuovo stato si trasferirono al nord e Mussolini fisso la sua residenza a Villa Feltrinelli a Salò, sulla riva occidentale del lago di Garda. Da qui l’appellativo di Repubblica di Salò dato al nuovo Stato. Gli altri ministeri trovarono sede in città limitrofe, tra cui Brescia, Venezia, Mantova ecc. In pratica la Repubblica Sociale Italiana non ebbe una concentrazione in un luogo geografico di tutti i suoi organi, ovvero una capitale. Il fatto che non fu scelta Milano, sfruttando il sempre esistente dualismo tra questa città e Roma, sottolinea ancora una volta il reale potere che Mussolini deteneva nel settembre del 1943.
Ribbentrop diede subito istruzioni ai Paesi della coalizione hitleriana di riconoscere ufficialmente il nuovo governo italiano. Aderirono la Romania, la Bulgaria, la Croazia, la Slovacchia. L’Ungheria dopo forti pressioni tedesche ed infine anche il Giappone per dare ancora una parvenza al Tripartito. Fra i neutrali i tedeschi non ebbero successo. Soprattutto Franco, il fascista dittatore spagnolo fu brutale: ebbe modo di dire che Mussolini era solo un’ombra ed il suo potere si basava solo e solamente dove c’erano truppe tedesche. La gratitudine non era la maggior virtù del dittatore fascista spagnolo.
Il 29 settembre in un colloquio con Rahn, Mussolini espresse l’opinione che la situazione era disperata e che lui non vedeva alcuna via d’uscita. Una ipotesi poteva essere quella di convocare una Assemblea nazionale al più preso in cui chiamare autorità locali, veterani fascisti, i rappresentanti dei lavoratori e dei contadini, e uomini di buona volontà per trovare una soluzione. È l’idea del Congresso di Verona.


[1] Ibidem, cit., pag. 560

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