Maria Luisa Suprani Querzoli
Coraggio e umanità: Ettore Viola
Una
breve riflessione sul pensiero del Fondatore dell’Istituto Nazionale del Nastro
Azzurro permetterà di comprendere come il Valore Militare sia di matrice
prevalentemente morale. Risulta superfluo sottolineare il coraggio e la
valentia del giovane Ettore Viola[1],
Medaglia d’Oro, ma, per dissipare il sospetto diffuso che confonde il concetto
di ‘valore’ con quello di ‘bellicosità ferina’, converrà riportare alcuni
episodi narrati dallo stesso Protagonista dove il rispetto per l’Uomo e la
stima per l’Avversario denotano una visione della vita che, anche nei suoi
aspetti più critici, ha in sé i semi potenziali
della pace.
In una notte ugualmente fredda e triste, quasi duemila anni prima, era nato
il Redentore, ma l’umanità continuava a rimanere sorda al suo insegnamento.
Gli austriaci vollero darci prova di vedere ancora in noi, nonostante
tutto, uomini della loro stessa fede religiosa, partecipando a un singolare
sciopero d’armi, che durò fino al giorno dopo, e uscendo finanche dalle trincee
per abbracciare, in qualche caso, coloro che avrebbero poi continuato ad essere
loro nemici.
I superiori comandi presero tutte le misure per evitare il ripetersi di
scene così significative ed anche così squisitamente umane. Non so se agli
effetti della disciplina militare e degli obiettivi di guerra che
bisognava raggiungere, essi fecero bene;
so soltanto che se gli uomini che presiedono alla sorte delle nazioni si nutrissero
un po’ dei sentimenti che furono comuni ai combattenti italiani e austriaci nel
primo Natale di guerra, la pace – grande mito – regnerebbe forse sulla terra.[2]
Il Natale di
guerra è un topos legato, nella sua intrinseca
contraddizione, agli aspetti emotivi più profondi. La stima del nemico continua
però ad essere ribadita anche nel combattimento più aspro, dove la forza morale
che sostiene le ondate dell’avversario
suscita comunque la solidarietà del Soldato:
Gli austriaci cadevano a diecine, mietuti dall’inesorabile falce della morte;
e nonostante il terribile destino, continuavano a venire avanti, ondata dietro
ondata.
Benché con l’animo in sospeso per la sorte dei nostri, osservando dalla
Rocca non si poteva non simpatizzare per quelle valorose truppe nemiche che
davano una così fulgida prova di sprezzo della vita.[3]
La trincea,
al termine dei combattimenti, verrà presa dagli Italiani.
Le
riflessioni di Ettore Viola e il valore di cui diede prova dimostrano che nel
fenomeno bellico può essere vita una manifestazione estrema delle dinamiche che
presiedono all’ordine cosmico. Gli equilibri raggiunti molto devono al Valore
Militare che connotò le gesta dei Soldati: ricordare le fondamenta di tale
equilibrio, di per sé instabile, permette di continuare ad alimentarlo.
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