Si riporta la post fazione al Volume di mario di Spirito dedicato al Reggimento.
Postfazione
Stampare un volume scritto ed
edito negli anni trenta del secolo scorso, in un clima totalmente diverso da
quello di oggi può sembrare una attività inutile e nostalgica. In realtà
riportare alla luce e presentare ai Soci dell’UNUCI e a quanti hanno interesse
a questi argomenti può essere utile per comprendere lo spirito e il senso di
identità che sono una struttura portante della architettura della nostra
Nazione.
Il Reggimento “Obbedisco” era
una entità anche nel 1934 al di sopra di tutto e di tutti. Ho sentito mille
volte racconti come quello dell’amico Montagano, che finirà in un campo di
concentramento tedesco, in un KZ quelli peggiori di tutti per la sua avversione
al fascismo ed al nazismo, essere orgoglioso di portare quella cravatta rossa
segno di italianità in un panorama fosco e nero. Come quello offerto dal regime
mussoliniano.
Richiamare alla attenzione
quei momenti significa anche viverli e partecipare a quella operazione di
conoscenza della memoria che è uno degli scopi statuari dell’UNUCI, Unione Nazionale
Ufficiali di Complemento in Congedo. Non solo storia risorgimentale, in cui il
52° Reggimento affonda le sue radici di tradizione storica, ma anche storia del
novecento, in cui la tradizione garibaldina ha avuto un suo sviluppo ed un suo
rinnovarsi.
La partecipazione alla Prima
Guerra Mondiale, di cui in questi mesi si sta celebrando la data anniversaria
intesa come momento di unione, di identità e di partecipazione collettiva, è
una tappa fondamentale di questa tradizione. Aver deciso di accorre nel 1914,
in Francia, per combattere il tedesco, con la Legione Garibaldina nel solco
dell’interventismo, è stato un segno eclatante per influire nella scelta da che
parte l’Italia doveva stare. L’Italia del primo novecento era incapsulata nella
Triplice Alleanza ed appariva sempre più evidente che questa alleanza poteva
essere accettata come strumento di equilibrio europeo. Quando Germania ed
Austria oltrepassarono questo limite e vogliono ricorrere, in una visione
prettamente ottocentesca dell’uso della guerra, l’Italia è chiamata a
scegliere.
Germania ed Austria sono
convinte, nel 1914, di vincere la guerra, supponendo che la Gran Bretagna
rimanga neutrale; e sono convinte di riuscire a sconfiggere la Francia, prima,
la Russia, poi, fidandosi ciecamente nella forza dei loro eserciti. L’Austria è
convinta di avere ragione della Serbia in poche settimane. Troppo convinte della
loro superiorità pensano di non avere bisogno dell’Italia e volutamente la
vogliono lasciare fuori per non dividere con lei le conquiste territoriali che
sono date per scontate.
Qui finisce nella sostanza la
Triplice Alleanza. L’Italia non deve partecipare alla costruzione del nuovo
ordine europeo scaturito dalla guerra. La Triplice Alleanza aveva terminato il
suo compito: fin quando è una alleanza per mantenere gli equilibri europei va
bene; quando questi equilibri devono essere alterati a favore di Germania ed
Austria, l’Italia è messa da parte.
Mascheravano Germania ed
Austria questa loro scelta con le solite parole di propaganda: parlarono di
“tradimento” dell’Italia con cui marcarono di tradimento il nostro Paese al
momento della dichiarazione di neutralità.
Davanti a tutto questo, al
fallimento della politica della Triplice, di cui il capofila era il Marchese di
San Giuliano, ministro degli Esteri, non vi era che la strada
dell’Interventismo, della partecipazione alla guerra per avere quei vantaggi
territoriali che mettesse in sicurezza il confine orientale, con la
acquisizione di Trieste, concludendo il processo unitario Italiano.
In questo contesto lo spirito
garibaldino fu essenziale. . L’esempio
ed il significato storico del 52° Reggimento fanteria “Obbedisco”, è
eclatante.
In questa chiave la ristampa
del volume, il voler aver dato spazio a nomi e cognomi di chi fu partecipe e
protagonista, che è forse il segmento più importante del volume, rappresenta un
omaggio ed un dovuto ricordo a chi fecero, con il loro dovere, l’Italia, prima
come Stato, poi come Nazione.
Massimo Coltrinari
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