La
Lunga marcia compie novant’anni
Per
sfuggire all’accerchiamento messo in atto dalle truppe del
Kuomintang comandate da Chiang Kai-shek, nel 1934 l’Armata Rossa
Cinese afferente al Partito Comunista iniziò una marcia per
ritirarsi.
Dopo
370 giorni di cammino lungo novemilaseicento chilometri, dal 16
ottobre 1934 al 22 ottobre 1935, gli uomini in marcia, detta poi
Lunga, transitarono per il Jiangxi e lo Shaanxi percorrendo oltre
12mila chilometri di altipiani, montagne, guadando fiumi, sempre
combattendo all’occorrenza, fino allo sfondamento
dell’accerchiamento avvenuto grazie ai 130mila soldati comandati da
Mao Zedong e Zhu De.
I
soviet che avevano originato il problema comunista da fronteggiare
erano nati a partire dal 1927 soprattutto nelle campagne cinesi, dopo
che il governo aveva abolito il Partito comunista, vietandolo a
partire dalle città, dov’era effettivamente scomparso.
Mao
aveva preso il controllo del Partito a partire dal gennaio 1935,
soprattutto perché non pensava soltanto alla fuga, ma aveva una
visione più ampia e organizzata, anche per difendersi dall’attacco
giapponese che aveva approfittato dei disordini interni per penetrare
in Cina dalla Corea e dalla Manciuria. Pensava quindi all’attacco
al Giappone marciando sulla provincia semidesertica Shaanxi, dove
avrebbe combattuto contro le truppe dell’invasore.
La
marcia venne ostacolata anche dagli abitanti delle varie provincie, a
volte favorevoli al comunismo e altre volte no; alcuni generali
appoggiarono l’idea di Mao di dirigersi a combattere contro i
giapponesi, mentre altri militari, come Zhang Guotao, si dirigevano
verso i confini dell’Unione Sovietica.
A
luglio le truppe di Mao riuscirono a congiungersi con quelle del
soviet di Henan che stavano altrettanto fuggendo; in ottobre, molto
ridotti in numero, i soldati comandati da Lin Biao arrivarono nello
Shaanxi dove presero la capitale e si posero a fronteggiare i
giapponesi fino al 1945 lungo la linea dello Huang he.
Il
Partito Comunista Cinese dimostrò così di volere combattere i
giapponesi più di quanto non lo volesse Chiang Kai-shek che venne
catturato e consegnato a Mao. Questi lo liberò, anche dietro ordine
di Stalin.
Alla
fine della seconda guerra mondiale, Lin Biao conquistò la Cina
settentrionale riuscendo a vincere la guerra civile cinese.
Grazie
alla Lunga marcia, Mao diventò il capo della rivoluzione, con un
grande prestigio che condivise con tutti i comandanti del gruppo.
Mao
Zedong o anche Mao Tse-tung era nato nel 1893 a Shaoshan, nella
provincia di Hunan, in una famiglia di contadini mediamente agiata. A
quattordici anni sposò Luo Shi per ordine del padre che aveva
combinato il matrimonio, anche se Mao rifiutò di sottostare al
matrimonio stesso con il quale non fu mai d’accordo. Durante la
rivoluzione del 1911 poté tornare a scuola dove sostenne l’attività
fisica e l’azione collettiva, avvicinandosi alle idee di Bakunin e
Marx, soprattutto per l’abolizione della differenza tra lavoro
manuale e fisico. Dopo il diploma, viaggiò verso Pechino durante il
movimento anti-imperialista del 4 maggio 1919, al seguito di Yang
Changji che poi divenne suo suocero. La moglie venne poi imprigionata
e uccisa nel 1930 dalle truppe di Chiang Kai-shek, a capo del
Kuomintang dal 1925. Nel frattempo Mao guidò azioni collettive per i
diritti dei lavoratori e si occupò dell’addestramento dei
contadini.
Le
sue analisi dettagliate della situazione degli agricoltori e delle
loro sollevazioni sono i documenti alla base della teoria maoista.
Questa influenzò i cinesi, soprattutto i giovani, e si diffusero
anche nel resto del mondo. Soprattutto, a differenza delle idee di
Lenin, e adattandole alla Cina, le idee di Mao erano che fossero i
contadini il motore del Paese, essendo la forza lavorativa più
grande.
Contribuì
anche ad approfondire e migliorare, adattandole alla condizione
cinese, le teorie di Marx ed Engels per creare una nuova teoria del
materialismo dialettico ateo.
La
classe proletaria cinese insoddisfatta era la base indispensabile per
diffondere il comunismo e le idee rivoluzionarie. Mao divise i
contadini in quattro classi. Alla base c’erano i proprietari
terrieri che possedevano le campagne ma non le lavoravano,
affidandole a lavoratori ai quali le affittavano; poi c’erano i
contadini ricchi che lavoravano una parte delle proprie terre e
l’altra l’affittavano; i contadini medi, invece, possedevano le
terre che lavoravano per loro stessi; infine i contadini poveri erano
coloro che non possedevano le terre, oppure ne possedevano troppo
poche per averne un adeguato reddito e, pertanto, erano costretti a
lavorare le terre di altri.
Tra
le teorie che andava elaborando, di cui è difficile valutare il
reale impatto sulla popolazione del Paese, Mao elaborò anche delle
strategie pratiche che avevano la guerriglia come arma e il concetto
di dittatura democratica del popolo come scopo.
Nel
frattempo, nel marzo 1926, Chiang Kai-shek impose la legge marziale a
Canton, ipotizzando una cospirazione dei signori della guerra contro
di lui, sempre più potente tra le guide del Paese.
Nel
luglio successivo comandò una spedizione dell’Esercito
Rivoluzionario Nazionale contro i signori della guerra e per
unificare la Cina sotto il Koumintang, dando inizio alla Spedizione
del Nord. In questa era sostenuto dai proprietari terrieri,
preoccupati dalle riforme agrarie che si stavano via via realizzando
e che sostenevano Chiang Kai-shek.
Per
ostacolare l’influenza di questi, il governo venne trasferito a
Wuhan e quindi venne organizzata la rivolta dei lavoratori di
Shanghai per rovesciare i signori della guerra del posto.
Era
indispensabile agire per impedire ai comunisti di prendere il potere:
Chiang Kai-shek e i suoi alleati strinsero un accordo con le triadi
di Shanghai per organizzare gruppi armati per attaccare i comunisti,
in principal modo lavoratori. Il Kuomintang dichiarò lo stato di
emergenza.
Il
12 aprile 1927, l’Esercito Rivoluzionario Nazionale e i membri
delle Triadi cinesi attuarono il massacro di Shanghai ai danni del
Partito Comunista Cinese, al quale Mao scampò. Fu l’evento che
segnò l’inizio della guerra civile nel Paese proprio per la
frattura che si creò tra il Kuomintang, di cui Mao faceva parte come
membro del Partito, e il Partito Comunista.
L’indomani
il governo locale venne sciolto, con pesanti arresti dei comunisti e
scontri che causarono oltre trecento morti e oltre cinquemila
scomparsi. Arresti e massacri continuarono a Canton, Nanchino,
Pechino. La rete delle alleanze continuava a tessersi, con coloro che
osteggiavano Chiang Kai-shek e altri che lo appoggiavano.
In
agosto scoppiò la rivolta di Nanchang e Mao diede vita alla
sfortunata rivolta del raccolto annuale nel settembre successivo.
Arrestato e condotto all’esecuzione, Mao riuscì a sfuggire e a
rifugiarsi in montagna dove fondò la Repubblica Sovietica Cinese,
della quale venne eletto presidente, tra il 1931 e il 1934. Poi
rimosso dalla carica, Mao dovette difendersi dalle insidie sia di
Chiang Kai-shek che di altri aspiranti al potere, e sarà in questo
contesto che organizzerà la Lunga marcia, per sfuggire
all’accerchiamento e dalle purghe che venivano organizzate dagli
oppositori politici, soprattutto dai fedeli alla politica sovietica.
Le
sue idee e le sue strategie venivano avversate dagli Stati Uniti e
dalla stessa Unione Sovietica che vedeva in Chiang Kai-shek il
garante dei propri interessi cinesi, così come lo vedevano gli
americani, in quanto pensavano che potesse contrastare i giapponesi e
impegnarli, liberando così le forze statunitensi nel Pacifico.
L’Unione Sovietica da un lato mantenne suoi esponenti nel
Kuomintang e dall’altro aiutò Mao ad impadronirsi degli armamenti
giapponesi in Manciuria. Alla fine del conflitto, gli USA
continuarono ad appoggiare Chiang Kai-shek nella sua volontà di
guerra civile contro le truppe di Mao.
Nel
febbraio 1949 l’Armata Rossa di Mao entrò a Pechino, mentre nel
mese di dicembre venne presa d’assedio l’ultima città
controllata dal Kuomintang. Chiang Kai-shek si rifugiò nell’isola
di Taiwan. Intanto, il primo ottobre 1949, i comunisti fondarono la
Repubblica Popolare Cinese di cui Mao fu presidente fino al 1959.
In
occasione del compleanno di Stalin, nel 1949 Mao si recò a Mosca,
dove trovò una fredda accoglienza proprio a causa dell’essere
avvertito come un antagonista nel rappresentare il comunismo. Non
vennero accolte le sue richiesta di restituzione di terre occupate
dagli zar e, unico contentino, gli diedero un prestito di trecento
milioni di dollari in cinque anni.
In
occasione del primo anniversario della rivoluzione, il primo ottobre
1950, l’italiano Antonio Riva, nato a Shangai da genitori italiani
lì commercianti, già decorato con Medaglia d’Argento al Valor
Militare durante la prima guerra mondiale (“Pilota
comandante di una squadriglia da caccia compì numerosi voli di
guerra, non conoscendo mai ostacoli nell'adempimento del proprio
dovere. Di attività non comune, sempre primo nelle più arrischiate
imprese, fu costante esempio di coraggio e di audacia ai suoi
dipendenti. Con serena calma, sostenne quattordici combattimenti
aerei, scese a quote bassissime per mitragliare truppe nemiche,
abbatté tre apparecchi nemici”,
Cielo
del Pasubio-Signoressa, 29 luglio 1917, 15 gennaio 1918), venne
accusato con il giapponese Yamaguchi Takaichi e altri di avere
lanciato una bomba (un colpo di mortaio) in Piazza Tienanmen con lo
scopo di uccidere Mao, “il grande leader del nostro popolo”,
oltre che di essere una spia al soldo della CIA con lo scopo di
fomentare rivolte in Tibet.
Dopo
un processo sommario, Riva venne condannato a morte per fucilazione e
ucciso presso il Tempio del Cielo di Pechino.
La
famiglia venne espulsa dalla Cina, senza alcun aiuto da parte delle
autorità italiane, e costretta a lasciare il Paese in un posto di
terza classe di un transatlantico. Antonio Riva era infatti rimasto
un fascista convinto, quindi era un personaggio scomodo, malgrado
fosse stato inviato in Cina per riorganizzare l’aviazione locale,
su mandato governativo italiano che poneva il Belpaese direttamente
in competizione con gli Stati Uniti.
La
sua Asiatic Import Export commerciava vari prodotti, ma anche armi e
soprattutto aeroplani che vendeva ai locali signori della guerra,
quelli che avevano smembrato il Paese con i loro eserciti privati, la
riscossione delle imposte al posto del governo centrale e il potere
che riuscivano ad imporre.
In
Cina, Riva aveva fondato il primo fascio già nel 1926, diventando
portavoce di quella dittatura che avrà per anni un ruolo di
mediazione mondiale anche in Asia.
A
metà degli anni Trenta si sottoscrisse la collaborazione
economico-militare tra Cina e Italia e, dopo l’invasione della
Manciuria da parte del Giappone, il Paese si rese conto della
vulnerabilità aerea, fatto che spinse a creare una buona e moderna
aviazione militare.
Fino
al 1935, la missione statunitense di fornitura di armi e
addestramento dei piloti continuò, ma poi, allo scadere del
contratto, cedendo alle pressioni del Giappone, non venne rinnovata.
E così l’Italia poté inserirsi al suo posto, forte proprio del
ruolo di mediazione che aveva svolto, e che aveva portato Galeazzo
Ciano a presiedere a Shangai una commissione che aveva concluso la
tregua sino-giapponese del 1932.
Venne
fondata una joint venture per la produzione di aeroplani italiani in
Cina che vide sempre Riva in primo piano, anche come collaboratore di
quel Lordi che aveva la direzione della produzione. Mussolini non
lasciò il comando a Lordi per il bombardamento aereo delle truppe
comuniste che poi avranno la fuga nella Lunga marcia.
La
campagna mediatica denigratoria contro l’aeronautica militare
italiana divenne sempre più organizzata, in modo da impedire quel
potere italiano sempre più pressante in Cina.
Il
CR32 della FIAT, che si comporterà benissimo nella guerra di Spagna,
vinse le sfide anche contro gli statunitensi, sia in voli che in
esibizioni acrobatiche sui cieli cinesi, tacitando le voci dei suoi
problemi tecnici messi in giro ad arte, e dimostrando come l’Italia
fosse sempre al primo posto mondiale nella tecnologia e nell’arte
del volo nei cieli.
Sarà
proprio il Giappone a bombardare le fabbriche di aerei cinesi, e
quindi italiani, nel 1937, fino all’accordo con il Giappone stesso
che ben presto diventerà alleato dell’Italia, rendendo difficile
la posizione degli italiani in Cina, visti ormai come traditori.
Antonio
Riva cominciava sempre più a diventare scomodo, e ripetutamente gli
venne consigliato di andarsene, ma continuava ad essere un fascista
convinto e poi sostenitore della Repubblica di Salò, malgrado fosse
stato radiato dall’aeronautica.
Tutto
questo rende difficile rendersi conto se le accuse contro di lui e i
presunti suoi complici fossero vere, oppure una montatura per
eliminare appunto un personaggio scomodo. Zhao Ming dichiarerà
decenni dopo che era tutta una farsa, utile per la montatura
antiamericana, ma non ci sono documenti certi e dichiarazioni
ufficiali in proposito.
La
collettivizzazione forzata avviata da Mao in Cina durò fino al 1958,
con il controllo dei prezzi che ridusse la forte inflazione
imperante; promosse anche la semplificazione della scrittura in modo
da aumentare il livello di alfabetizzazione del Paese e
l’industrializzazione ebbe forte impulso.
A
fronte di un forte incremento del PIL, la Cina vide un periodo di
terrore che riguardava soprattutto i medi e piccoli proprietari
terrieri che spesso vennero sterminati, anche fisicamente. Mao
conteggiava in 800mila i contadini uccisi, ma sembra si sia trattato
di alcuni milioni.
Forte
del suo potere e certo dell’appoggio dei cittadini, Mao avviò una
campagna detta poi dei cento fiori, con la quale promosse le diverse
opinioni, per dare atto della sua apertura alle eventuali
contestazioni. Risultò che molti cinesi contestavano la sua politica
e ne mettevano in discussione la leadership, tanto da portare il
governo a bloccare la campagna e a chiudersi in un forte
nazionalismo.
Le
libertà basilari non venivano di fatto riconosciute, in quanto la
politica maoista volta a sentire e tenere conto del parere di tutti,
condusse anche a contestazioni della linea di governo o del partito
comunista, con conseguenti persecuzioni.
Mao
elaborò quindi una politica di sviluppo economico alternativo a
quella sovietica, con il “grande balzo in avanti” che, invece di
coinvolgere l’industria pesante, riguardava soprattutto
l’agricoltura, vera spina dorsale del Paese. Questa doveva essere
collettivizzata a favore di una maggiore meccanizzazione che avrebbe
liberato forza lavoro per l’industria, ma si ridusse ad essere
volano per la fame dilagante che causò migliaia e migliaia di morti.
L’Unione
Sovietica di Chruscev ritirò il suo appoggio e si aprì una crisi
che indusse i leader del partito a pensare che l’epoca di Mao fosse
conclusa. In quel periodo avvenne la prima pubblicazione, da parte
dell’Esercito Popolare di Liberazione, del famoso “Libretto
rosso”, distribuito per la prima volta nel 1963 e poi ai soldati
nel 1965.
Con
la fine del grande balzo in avanti, che pare sia costato la vita
ufficialmente a 14milioni di persone, soprattutto per la scarsità di
generi alimentari che venivano utilizzati per le forniture all’Unione
Sovietica in cambio di tecnologia (tanto che la Cina mise a punto la
bomba atomica con il primo esperimento nel 1964), il periodo maoista
si dava per definitivamente concluso.
Mao,
che già aveva lasciato la presidenza del Paese, organizzò la grande
rivoluzione culturale nel 1966 scavalcando la gerarchia del partito e
affidando il potere alle Guardie rosse che potevano anche formare i
propri tribunali. Questa rivoluzione ebbe un forte impatto sul Paese,
ma venne dichiarata chiusa nel 1969 dallo stesso Mao, per timore che
prendesse troppo potere.
Mao
scelse in Lin Bao il proprio successore, ma questi tentò un colpo di
Stato nel 1971, fallito per la sua morte in un incidente aereo, tanto
che il vecchio leader cominciò sempre più a non fidarsi dei
seguaci.
Mao
morì nel settembre del 1976, lasciando in Cina la lotta per il
potere che vide da una parte la Banda dei Quattro, compresa la sua
vedova, che voleva proseguire la politica di mobilitazione
rivoluzionaria, mentre dall’altra coloro che volevano tornare alla
pianificazione centralizzata di stampo sovietico e i riformatori
guidati da Deng Xiaoping, teso soprattutto a togliere l’ideologia
come fonte della politica economica.
La
Banda dei Quattro venne arrestata e il governo andò alla fine a Deng
Xiaoping che introdusse in Cina riforme economiche su modello
occidentale.
Alessia
Biasiolo, CESVAM, vicepresidente della Federazione di Ancona