SOCIETÀ TARQUINIENSE D’ARTE E STORIA
VILLA FARNESINA A ROMA
DOMENICA 11 MAGGIO, ORE 12.30
(contatto 57sessione@libero.it)
Situata su via della Lungara, nel cuore di Trastevere (Municipio I), è uno degli edifici più rappresentativi dell'architettura italiana
del primo Cinquecento. Progettata da Baldassarre Peruzzi fu il prototipo della villa suburbana romana e la sua realizzazione
ebbe notevole risonanza, anche perché a partire dal 1511, completate le
murature, la residenza fu affrescata secondo un programma iconografico
di straordinaria ampiezza affidato ai più grandi artisti del periodo: lo
stesso Peruzzi, Raffaello Sanzio, Sebastiano del Piombo, Giovanni da
Udine, Giovanni Bazzi detto il Sodoma, Giulio Romano e Giovan
Francesco Penni.
Fu costruita dal 1508 al 1512 dal giovane Peruzzi per il ricchissimo
banchiere senese Agostino Chigi, grande mecenate e personaggio di
spicco nella Roma di inizio Cinquecento, che aveva accumulato una grande
fortuna dai proventi della vendita dell'allume della Tolfa e godeva della protezione di papa Giulio II prima e Leone X poi. La
Farnesina, che all'epoca era detta semplicemente villa Chigi, fu la prima villa nobiliare suburbana di Roma ed ebbe fin dall'inizio
un grande risalto, venendo presto citata e imitata. Gli interventi architettonici, sebbene potevano dirsi conclusi nel 1512, si
protrassero per altri lavori fino al 1520.
Con la morte del Chigi, nel 1520, la villa decadde e venne depauperata degli arredi e delle opere d'arte. Nel 1580 fu acquistata
dal cardinale Alessandro Farnese ed ebbe così il nome attuale. A tale periodo risale un progetto, non realizzato, per collegare
con un passaggio coperto Palazzo Farnese con la Farnesina. Nel 1714 divenne di proprietà dei Borbone di Napoli e nel 1864 vi si
insediò l'ambasciatore Bermudez de Castro, che, due anni dopo, promosse una serie di pesanti restauri. Nel 1884 l'apertura
del Lungotevere comportò la distruzione di una parte dei giardini e della loggia sul fiume, che forse era stata disegnata da
Raffaello.
Dal 1927 appartiene allo Stato italiano, che l'ha fatta restaurare nel 1929-1942 per destinarla all'Accademia d'Italia a più riprese
nel 1969-1983. Oggi è utilizzata dall'Accademia dei Lincei come sede di rappresentanza e ospita, al primo piano, il Gabinetto
nazionale delle stampe.
Per la decorazione interna Agostino Chigi chiamò i migliori artisti del tempo per eseguire negli spazi interni cicli di affreschi con
caratteri innovativi e secondo un programma iconografico interamente improntato alla classicità.
Accedendo si incontra per primo un atrio, creato nel XIX secolo, che porta alla Loggia di Psiche. Nella loggia è dipinto il ciclo con
le Storie di Amore e Psiche, tratte da Apuleio, opera di Raffaello e dei suoi allievi (Raffaellino del Colle, Giovan Francesco
Penni, Giulio Romano). Le peripezie di Psiche ripercorrono la medesima travagliata salita sociale di Francesca Ordeaschi, amante
di Agostino Chigi, che da cortigiana si elevò al rango di moglie legittima del banchiere.
Segue a sinistra la Sala del Fregio, forse uno studiolo del committente. Le pareti, alle quali erano forse appesi arazzi, vennero
affrescate nella fascia superiore da Baldassarre Peruzzi (1511 circa) con piccole scene mitologiche monocrome poste in
sequenza, raffiguranti le Imprese di Ercole sul lato nord e in parte sul lato est, e altri episodi mitici, tratti
dalle Metamorfosi di Ovidio, nel resto del fregio.
Una delle sale contigue alla loggia è la Sala di Galatea, un tempo con archi aperti sul giardino, che vennero chiusi nel 1650. La
sala deve il nome all'affresco di Raffaello con il Trionfo di Galatea, che rappresenta la ninfa su un cocchio tirato da delfini, tra un
festoso seguito di creature marine. Accanto all'affresco di Raffaello si trova il monumentale Polifemo di Sebastiano del
Piombo (1512-1513), prima opera dell'artista veneziano a Roma, arrivato proprio al seguito del Chigi.
Al piano superiore si trova la Sala delle prospettive, dipinta nel 1518-1519 da Baldassarre Peruzzi e aiuti, come se fosse una
loggia. Gli affreschi vennero completamente ridipinti nel 1863, ma recuperati dai restauri del 1976-1983. Qui Agostino Chigi
tenne il suo banchetto nuziale nel 1519.
L'attigua camera da letto era usata dal Chigi e dalla sua consorte. Venne decorata da affreschi del Sodoma (1517), con scene
della vita di Alessandro Magno, soggetto destinato a glorificare il committente, identificato con il personaggio della classicità.
Esiste anche una lettura ermetica di questi affreschi del Sodoma, con analogie tra un significato manifesto della narrazione e uno
latente, di ermeneutica alchemica, con le quattro fasi della Grande Opera (nigredo, rubedo, citrinitas, albedo) descritte con
simboli crittografici.