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venerdì 19 maggio 2017

Ricerca Parametrale n. 537 Notizie del 16 maggio 2017

Corea nucleare, Trump in viaggio, Libia, Austria
Newsletter n° 537 , 16 maggio 2017

La Corea del Nord conferma il lancio con successo di un missile balistico
 di medio raggio, che non distende certo gli animi nella
 penisola asiatica, nonostante la dichiarata volontà
 da parte del nuovo presidente di Seul di riavviare il
 dialogo e la cooperazione economica con Pyongyang.
 lI Consiglio di sicurezza dell'Onu condanna all'unanimità 
il nuovo lancio e minaccia nuove sanzioni, mentre il premier
 italiano Gentiloni, presidente di turno del G7 che si
 svolgerà il 26 e 27 maggio prossimi a Taormina,
 assicura che del dossier si occuperà anche il 
Vertice dei Grandi. Tanti i debuttanti in Sicilia, fra
 cui anche Donald Trump, che concluderà con il 
G7 la sua prima serie di missioni all'estero, che
 prenderà il via in Arabia Saudita. Poi, Ue, Nato e 
G7: quante sorprese riserverà un presidente imprevedibile 
fin dall'agenda di viaggio? Al Vertice dei Grandi si parlerà 
anche di stabilità nel Mediterraneo, mentre la Libia tenta
 un'intesa - l'ennesima -, stavolta sponsorizzata dagli alleati 
di Tobruk: troppo sbilanciata su Haftar perché Serraj possa 

cedere? L'Ue non fa intanto in tempo a esultare per il successo
 di Macron in Francia che un nuovo appuntamento elettorale
 minaccia di farla stare di nuovo col fiato sospeso: in Austria, 
infatti, un cedimento della grande coalizione rischia di portare 
alle urne anticipate, in mesi già ricchi di appuntamenti elettorali 
combattuti fra nazionalisti ed europeisti (i quali ultimi a Vienna 
l'hanno spuntata di recente per un pelo).


1994/2017
Corea: un ritorno alla ‘Sunshine Policy’
Carlo Trezza
14/05/2017
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Si è registrato nelle ultime settimane un ulteriore inasprimento della crisi nucleare coreana. All'ennesima imponente parata nella quale hanno sfilato a Pyongyang uomini e mezzi di un Paese armato fino ai denti, è seguito un provocatorio bombardamento dimostrativo da parte delle artiglierie nordcoreane schierate lungo la zona smilitarizzata.

È stato poi il turno dell'America a mostrare i muscoli con l'invio di "un'armada molto potente", guidata dalla portaerei Carl Vinson, ma soprattutto con l'accelerazione dello schieramento nella Corea del Sud del sistema di difesa antimissiltica Thaad (Terminal High Altitudine Area Defense). Il presidente Trump ha anche evocato la prospettiva di un "major, major conflict".

Il livello della conflittualità raggiunto non si discosta da quello che, nel 1994, condusse la Penisola sull'orlo del baratro allorché si scoprì che il Nord stava per acquisire una capacità di produrre il plutonio. Il presidente Clinton inviò allora l'ex presidente Carter a trattare direttamente con il leader Kim Il-sung e la crisi fu disinnescata.

Leader che si mettono nell’angolo
Purtroppo gli attuali dirigenti delle due parti non hanno un'analoga statura ed esperienza. Il giovane Kim Jong-un è al potere solo per meriti dinastici ed assomiglia solo fisicamente al carismatico nonno che, scomparso più di venti anni fa, ricopre tuttora la carica virtuale di capo dello Stato.

Per parte sua, il presidente Trump non sembra avere trovato una linea di equilibrio tra l'intransigenza militare e diplomatica da un lato e la ricerca del dialogo dall'altra ("sarei onorato di incontrare Kim qualora ve ne fossero le condizioni"). Washington conta ora molto sui buoni uffici di Pechino, ma non si tratta di un'operazione a costo zero.

A parte le declamazioni, non sono emersi sinora, né da una parte né dall'altra, nuovi concreti spunti diplomatici che possano condurre a una soluzione della crisi. Il regime di Pyongyang rimane trincerato nella ricerca della propria sopravvivenza, che esso fonda sempre più sul proprio status nucleare considerato irrinunciabile. Gli Stati Uniti mirano al contrario allo smantellamento del nascente arsenale del Nord quale precondizione per rilanciare il negoziato. Ambedue le posizioni sono poco credibili come punti di partenza.

La novità da Seul è un ritorno al passato
In questo quadro di stasi negoziale e di escalation militare si inserisce ora il "novum", nella Corea del Sud, della recente vittoria alle presidenziali del leader del Partito democratico progressista Moon Jae-in. Il suo successo segna il ritorno al potere dello schieramento moderato che si ispira alla ‘Sunshine Policy’ il cui fondatore fu, venti anni orsono, il presidente Kim Dae-jung.

Il nuovo leader è uomo di vasta esperienza politica, con un passato di attivo sostenitore dei diritti umani ed è erede della linea di riavvicinamento con il Nord nella prospettiva di una riunificazione quale perseguita appunto dalla ‘Sunshine Policy’.

Nel presente stato di alta tensione il suo margine di manovra è molto ristretto. Moon deve infatti conciliare l'esigenza di conservare il sostegno del deterrente americano senza confrontarsi con i vicini del Nord e soprattutto senza urtare la Cina, divenuta oggi principale partner economico e crescente potenza egemonica nella regione.

La lezione degli ‘euromissili’
Al centro del contendere si trova attualmente la questione dello schieramento dei sistemi Thaad che gli Stati Uniti si sono affrettati ad installare nel Sud. Lo hanno fatto prima che al potere arrivasse Moon, pur sapendo che il partito di quest'ultimo è stato storicamente molto tiepido verso tale schieramento.

L'imbarazzo di Seul è aumentato con la maldestra contestuale richiesta americana di essere rimborsati per uno schieramento divenuto ora controverso. Sono fortemente contrari al Thaad non solo i nordcoreani, ma anche i cinesi e i russi, che lo considerano un fattore dirompente per l'attuale status quo strategico nella regione.

Lo schieramento Thaad potrebbe, però, paradossalmente, facilitare una nuova opzione negoziale qualora ci si ispirasse a una precedente esperienza europea. Tra gli anni 70 e 80, si pose nel Vecchio Continente una situazione simile con il problema degli ‘euromissili’. Per indurre l'Unione Sovietica a smantellare i nuovi missili nucleari SS20, la Nato rispose installando a sua volta in Europa (Italia compresa) i missili Cruise e Pershing.

Gli atlantici tuttavia accompagnarono tale misura militare con un'opzione negoziale che mirava all'eliminazione, da parte di ambedue gli schieramenti, dei missili installati. Il trattato INF (Intermediate- range Nuclear Forces) fu un successo diplomatico senza precedenti e uno dei fattori che condusse al superamento della guerra fredda.

Il Thaad potenziale ‘merce di scambio’
Un simile scenario potrebbe, "mutatis mutandis", adattarsi al caso coreano. La prospettiva di un ritiro dello schieramento Thaad potrebbe in effetti divenire "merce di scambio" a cui legare la prospettiva d’un effettivo disarmo nucleare nella penisola coreana e quella di un finale accordo di pace.

Russi e cinesi, come anche la nuova amministrazione di Seul dovrebbero esservi in principio favorevoli. Nella misura in cui tale formula conducesse alla soluzione del problema nucleare coreano, anche gli Stati Uniti (che sostengono che lo schieramento Thaad non è rivolto contro Russia e Cina), non dovrebbero esservi contrari. La Corea del Nord, sicuramente conscia del fatto che sarebbe il suo regime a pagare il prezzo più alto nel caso di un confronto militare, dovrebbe anch'essa valutare con attenzione questa opzione.

L'insieme della tematica coreana è stato dibattuto nel corso di un convegno tenutosi l’11 maggio presso l'Università di Bari sotto gli auspici dell'Unione degli Scienziati italiani per il Disarmo (Uspid). Si è dibattuto in particolare del ruolo possibile dell'Unione europea, che pur non essendo un protagonista su questo scacchiere, mantiene con tutte le parti un rapporto costruttivo.

Nel 2000 l' Italia fu il primo Paese membro dell'Unione europea a stabilire, d'intesa con americani e sudcoreani, rapporti diplomatici con la DPRK. Il suo esempio fu seguito dalla grande maggioranza dei partner europei. Le due parti coreane non dimenticano che l’Ue fu allora tra i maggiori sostenitori di un disgelo ricercato da ambedue le parti. Essa dispone dunque di un capitale di credibilità e di esperienza, corroborate dal successo del negoziato sul nucleare iraniano, per dare un suo apporto a una pacificazione definitiva di questa martoriata penisola.

Carlo Trezza, già ambasciatore presso la Repubblica di Corea, è senior adviser dello IAI per il Disarmo e la Non Proliferazione.

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