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martedì 19 gennaio 2010

LA STRUTTURA E LA MISSIONE
DEI LIAISON AND OBSERVATION TEAM IN BOSNIA-ERZEGOVINA
Alessandro Fabretti

1. Introduzione
Le nostre Forze Armate sono chiamate sempre più spesso ad operare al di fuori dei confini nazionali nell’ambito delle cosiddette Crisis Response Operations per il mantenimento della pace ed in supporto di quei paesi dove è in atto un processo di stabilizzazione dopo un conflitto. Tuttavia la diversità degli attuali scenari e la complessità delle situazioni post-conflict da gestire richiedono la necessità di dotarsi di strumenti adeguati per operare nei vari contesti operativi, cercando di massimizzare i risultati e razionalizzare le risorse.
Ed è per queste ragioni che le operazioni militari condotte in Bosnia-Erzegovina, nel perseguire l’efficacia dello strumento militare, si sono dotate di un tipo di assetto molto particolare, sviluppatosi ed evolutosi proprio nel teatro bosniaco.
In Bosnia-Erzegovina, dall’aprile del 2004, operano delle unità di osservazione e collegamento che prendono il nome di liaison and observation teams, la cui peculiarità è rappresentata dalla struttura e dai compiti che svolgono nel teatro d’operazione. Anche l’ubicazione di questi team è particolare, poiché sono sparsi in varie località del territorio bosniaco, ed operano permanentemente in queste aree soggiornando in abitazioni civili denominate field house. I liaison and observation teams, o LOT per brevità, vivendo a diretto contatto con la popolazione, sono integrati nella comunità locale; il loro obiettivo primario è il collegamento con le autorità presenti nella loro area di responsabilità e l’osservazione di tutto ciò che può essere rilevante ai fini del situational awareness[1], fondamentale per il Comandante in Teatro.

2. Nascita e sviluppo del concetto di LOT house
Le struttura della coalizione militare in Bosnia-Erzegovina è cambiata costantemente nel corso della missione, infatti attraverso periodiche e costanti revisioni si è partiti dai circa 60.000 soldati presenti sul territorio alla fine del 1996, per arrivare ai 7.000 del dicembre 2004 quando è avvenuto il passaggio di responsabilità tra la NATO e l’Unione Europea ed il contingente ha assunto la denominazione di EUFOR (European Force)[2]. Dall’inizio di quest’anno è in atto un’ulteriore trasformazione per ridurre la presenza militare nel paese a 2500 uomini, ciò a testimonianza dei progressi registrati nel processo di stabilizzazione che oramai si avvia ad una positiva e definitiva conclusione.
Nell’evoluzione delle operazioni in Bosnia Erzegovina e nell’adeguamento dello strumento militare è sempre emersa la volontà di accrescere l’interazione tra le forze della coalizione e la comunità locale.
Il primo esempio di questa volontà lo ritroviamo già nel primo periodo delle missioni IFOR/SFOR[3], quando vennero create delle strutture per il collegamento con gli staff delle Forze Armate locali, che furono importanti anche per stabilire una presenza militare permanente in zone problematiche del paese. Furono dismesse appena la situazione politica migliorò. Un altro esempio è costituito dalle JCO houses[4], che hanno rappresentato una delle missioni primarie del CJSOTF (Combined Joint Special Operation Task Force) di SFOR. Erano ubicate in varie località della Bosnia-Erzegovina ed il loro compito primario era svolgere attività d’intelligence.
Nel 2002, con la costituzione di una platoon house francese a Gacko a cui seguì la troop house britannica di Gradiska, si creano le basi per lo sviluppo del concetto di LOT house. Questi assetti erano costituiti da unità combat a livello plotone che stazionavano in abitazioni distanti dal resto dei contingenti e svolgevano principalmente attività di presenza e sorveglianza. La force protection era limitata, poiché la minaccia era valutata bassa, e si cominciano ad intravedere diverse funzioni che poi caratterizzeranno il concetto delle LOT house.
Con la riduzione delle forze sul terreno i comandanti in teatro hanno dovuto organizzarsi per svolgere gli stessi compiti con meno uomini, senza rinunciare a quell’attività di presenza e sorveglianza che è fondamentale per il successo della missione. E’ per questo motivo che nell’autunno del 2003 il Comando di SFOR, visti anche i precedenti incoraggianti, inizia a pianificare l’impiego su tutto il territorio della Bosnia-Erzegovina di piccoli team di osservazione e collegamento. Lo scopo era mantenere una costante presenza sul territorio e nel contempo aumentare l’interazione tra i militari e la comunità locale. L’elemento che caratterizza questi liaison and observation teams, ma che abbiamo visto non rappresenta una novità, è costituito dalla loro ubicazione, poiché l’indicazione fornita dal Comando di SFOR era di collocare i LOT in strutture/abitazioni civili (field houses), in varie località del territorio bosniaco, allo scopo di facilitare i rapporti con la popolazione e con le autorità locali.
Successivamente nei primi mesi del 2004, le 3 task forces (North, North-West, South-East) che operavano in Bosnia-Erzegovina sviluppano le procedure tecnico-tattiche per l’implementazione di questo concetto ed attraverso dei SOPs (Standing Operating Procedures) danno il via all’impiego operativo dei team sul terreno. E’ importante sottolineare che in mancanza di precedenti di questo tipo e di una dottrina d’impiego in ambito NATO, il Comandante di SFOR conferì alle task forces una certa autonomia e flessibilità nell’elaborazione delle procedure d’impiego e della struttura di comando e controllo.

3. La struttura e la missione dei liaison and observation team
Il numero dei componenti dei team dislocati nelle field houses e la struttura di comando e controllo variano in base alla nazione che fornisce il personale, tuttavia al fine di garantire un certo standard operativo e procedurale, sono state sviluppate delle linee guida che devono essere rispettate da tutte le nazioni contributrici.
Tenendo in considerazione la capacità operativa minima richiesta per i compiti da svolgere e le misure di force protection, ogni LOT deve essere costituito da un numero di membri compreso tra 8 e 12, e di norma ogni team è comandato da un Ufficiale inferiore. Il non rispetto di questo vincolo pregiudica l’assolvimento della missione ed al tempo stesso può compromettere un’efficace capacità di reazione del team in situazioni di emergenza a seguito di un attacco o di un qualsiasi altro atto ostile.
Attualmente sono presenti 45 LOT forniti da 16 nazioni diverse, e sono distribuiti uniformemente su tutto il territorio della Bosnia Erzegovina. Tra l’altro oltre a molti paesi Europei, sono nazioni contributrici anche il Cile, il Canada e la Nuova Zelanda. Il contingente italiano fornisce 4 team ubicati a Sarajevo ed in 3 località della Repubblica Srpska : Sokolac, Pale, già roccaforte dei capi serbi durante il conflitto, e Visegrad, con il suo famoso ponte sul fiume Drina.
Il supporto logistico è responsabilità nazionale, per cui ciascuna Troop Contributing Nation attraverso il proprio National Support Element (NSE)[5], deve provvedere alla fornitura di tutto ciò che riguarda equipaggiamenti, trasporti e vettovagliamento e deve provvedere altresì a stipulare contratti “in loco” per la fornitura di determinati servizi e per l’affitto delle strutture/abitazioni adibite a field house.
La missione assegnata ai LOT consiste nel contribuire al situational awareness, ovvero fornire tutte quelle informazioni riguardo la situazione politica, economica, sociale, ambientale e di sicurezza, in altre parole “feel the pulse”[6] della Bosnia-Erzegovina. Tutto ciò attraverso una costante ed intensa attività d’incontri e di osservazione per rilevare l’eventuale “assenza di normalità o la presenza di anormalità”. Oltre a questa attività di carattere quotidiano che rappresenta il compito primario dei teams, ai LOT si chiede anche di contribuire alle fase di pianificazione e di condotta delle varie operazioni che vengono effettuate nelle loro aree di responsabilità. In alcuni casi, il coinvolgimento della popolazione e delle autorità civili è determinante per il successo dell’operazione; ciò trova ampiamente riscontro in quelle attività intraprese per ritirare le armi possedute illegalmente da cittadini bosniaci. In queste harvest operations[7], così sono denominate, l’apporto dei LOT si è rivelato estremamente utile per il coinvolgimento della comunità locale attraverso un’efficace attività informativa e di promozione.
Per adempiere alla loro missione i LOT svolgono le seguenti attività :
- collegamento pro-attivo con le autorità locali presenti nella propria area di competenza, in particolare con i sindaci;
- collegamento con le varie agenzie presenti sul territorio, le organizzazioni internazionali, le organizzazioni governative e non;
- osservazione di eventi, manifestazioni, opinioni, incontri e discorsi ufficiali.
Dal momento che i team operano isolati dal resto del contingente e vivono in strutture spesso distanti dalle varie basi/compound, il supporto logistico riveste una particolare importanza. La responsabilità è nazionale, per cui ciascuna Troop Contributing Nation attraverso il proprio National Support Element (NSE)[8], deve provvedere alla fornitura di tutto ciò che riguarda equipaggiamenti, trasporti e vettovagliamento e deve provvedere altresì a stipulare contratti “in loco” per la fornitura di determinati servizi e per l’affitto delle strutture/abitazioni adibite a field house.
E’ opportuno evidenziare che i LOT non sono degli assetti intelligence, anche se il loro compito principale è costituito dalla raccolta di informazioni da sorgenti aperte, al fine di poter valutare eventuali minacce, locali e regionali, alla sicurezza ed alla stabilità. Essi rivolgono particolare attenzione al monitoraggio della situazione degli sfollati, delle istituzioni pubbliche, del ruolo della legge (rule of law), degli sviluppi dell’economia locale e delle infrastrutture. Tutti questi aspetti costituiscono gli indicatori principali per la comprensione dei progressi del processo di stabilizzazione, ed in particolare, laddove vi siano stati dei conflitti di natura etnica, costituiscono degli elementi molto importanti per capire come procede la fase d’integrazione e rilevare se vi siano delle situazioni discriminatorie nei confronti di qualche minoranza.
Come si può dedurre i LOT dalla loro intensa attività quotidiana di osservazione e collegamento riescono ad acquisire una grande quantità di informazioni. Per ogni meeting pianificato, incontro occasionale o evento rilevato vengono prodotti dei report che giornalmente l’analysis cell del LOU HQ[9] assembla in un unico documento denominato daily summary. Questo documento viene successivamente inoltrato a tutte le cellule del comando, ed è particolarmente utile per la branca informazioni, in quanto mettendo a sistema i contenuti di tutti i report prodotti dai LOT e le informazioni provenienti da altre fonti, si riesce ad elaborare un quadro informativo completo.
In quasi tutte le località dove sono presenti, i LOT partecipano ai consigli comunali come osservatori, nella maggior parte dei casi benvoluti, ma l’aspetto più importante è rappresentato dal fatto che da questi contesti, dove possono emergere eventuali politiche locali discriminatorie, è possibile avere l’idea di come procede l’integrazione tra le varie etnie. I LOT fotografando la situazione sociale, economica e politica svolgono per certi versi una vera e propria ricerca sociologica sul campo, utile a capire dove indirizzare gli sforzi e gli interventi.
Come abbiamo detto in Bosnia Erzegovina è in atto una radicale trasformazione della struttura di EUFOR (European Force), che ridurrà le unità di manovra presenti, ma lascerà inalterata la struttura ed il numero dei liaison and observation teams, poiché è ritenuto fondamentale il loro apporto in quest’ultima fase del processo di normalizzazione. In conclusione possiamo considerare l’impiego dei LOT come una success story, una dimostrazione ulteriore della flessibilità dello strumento militare che ha dato ottimi riscontri e che può essere esportato in altri contesti con caratteristiche analoghe a quelle della Bosnia Erzegovina. In altre parole l’impiego dei liaison and observation teams è senz’altro adatto in un contesto post conflict a bassa intensità, poiché si inserisce bene nel complesso processo di nation building e rivelarsi una carta vincente.


[1] Il Situational Awareness consiste nella conoscenza e nella consapevolezza da parte del Comandante di tutto quello che può essere rilevante ai fini dell’assolvimento della missione;
[2] EUFOR svolge la missione “ALTHEA” in linea con i principi che sono indicati nella PESD ed ha sostituito SFOR (STABILIZATION FORCE) nel dicembre del 2004. La missione rappresenta una delle espressioni concrete della politica europea di sicurezza e di difesa ed attualmente costituisce la principale operazione militare condotta dall’Unione Europea.
[3] IFOR (IMPLEMENTATION FORCE) – SFOR (STABILIZATION FORCE).
[4] JCO (Joint Commission Observer) costituiti da forze speciali, tra i loro compiti vi era anche quello di stabilire dei contatti con i leaders delle fazioni in lotta.
[5] Nella missione EUFOR la logistica è responsabilità nazionale, ancorché l’attuale concetto logistico della NATO indichi una responsabilità collettiva delle nazioni, in Bosnia il supporto logistico viene fornito ai vari LOT dalle rispettive nazioni;
[6] Haris Daul, Liaison and Observation Teams (LOT) – Future of EUFOR, EUFOR Forum, 13 febbraio 2006;
[7] Queste operazioni consistono in una raccolta di armi, munizioni ed esplosivi che vengono consegnati spontaneamente dalla popolazione. Vengono condotte ciclicamente in diverse località della Bosnia-Erzegovina con la finalità di incrementare la sicurezza nel paese.
[8] Nella missione EUFOR la logistica è responsabilità nazionale, ancorché l’attuale concetto logistico della NATO indichi una responsabilità collettiva delle nazioni, in Bosnia il supporto logistico viene fornito ai vari LOT dalle rispettive nazioni;
[9] Liaison and Observation Unit è un’unità a livello battaglione che inquadra i vari LOT indirizzando e coordinando tutte le loro attività.

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