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domenica 17 gennaio 2010

Massimo Coltrinari

The National Security Strategy of United States of America.
Con questa nota si vuole illustrare i punti salienti della National Security Strategy firmata dal Presidente Bush il 16 marzo 2006 e che rappresenta le linee guida della politica degli Stati Uniti per i mesi correnti e futuri.

Che cosa è la National Security Strategy. (NSS)
La National Security Strategy of the USA è un documento destinato a orientare l’impostazione politico-militare delle principali agenzie e dipartimenti del sistema federale degli Stati Uniti d’America.
La caratteristica di base di questo documento è quella di non avere valore legale, forza di legge e non essere considerata come di alcunché di vincolante.
La sua origine è fatta risalire al Golwater-Nichols Act, che, tra le altre indicazioni, richiede che la National Security Stragegy sia revisionata annualmente, per poi essere presentata e discussa al Congresso degli Stati Uniti. Questa disposizione non è stata rispettata negli anni addietro, così come la dimensione non ha carattere di regolarità. Ad esempio la National Security Strategy del 2000, firmata da Bill Clinton era composta da 67 pagine; quella del presidente Bush del 2002, di sole 31 pagine
Ma al di là di queste indicazioni formali, il Golwater-Nichols Act stabilisce che la National Security Strategy Act deve essere “una onnicomprensiva descrizione, rielaborazione e continuo aggiornamento degli interessi strategici degli Stati Uniti.”
Nel corso degli anni, però, le varie National Security Strategy che si sono susseguite non sono altro che una semplice riproposizione retorica delle principali linee politiche ufficiali.
Eccezione a questa tendenza è la National Security Strategy del 1992 di Bill Clinton che ha aperto la strada alla dottrina del “Enlargement and Engagement” (Allargamento e Coinvolgimento) che ha contraddistinto la politica estera degli Stati Uniti degli anni Novanta.
Altra eccezione è la National Security Strategy del Presidente Busch del 2002, nella quale gli Stati Uniti rivendicano l’opportunità di ricorrere preventivamente allo strumento militare contro qualsiasi Stato ed organizzazione terroristica in grado di minacciare gli Stati Uniti; e, nelle stesso tempo, impedire a qualsiasi potenza d’insidiare il primato militare statunitense e, infine, di estendere e difendere la libertà e la democrazia ovunque nel mondo, ma in particolare nel mondo islamico.

L’attuale National Security Strategy del 2006 amplia e ulteriormente rafforza la visione strategica già presentata nel 2002, dimostrando che l’abbandono dei due grandi strumenti strategici tipici della guerra fredda, Deterrente e Containment, peraltro l’uno e l’altro già messi in discussione dalla Presidenza Clinton, sono a favore di una Preemption (Preventivo) e Prevention (Prevenzione) nella quale gli Stati Uniti, intervengono attaccando molto prima che si materializzi una concreta minaccia. Questo concetto deve essere inteso non come un prodotto momentaneo frutto dell’onda emotiva causata dalle stragi dell’undici settembre 2001, ma come una costante della politica estera statunitense.

La Struttura
Preceduta da una lettera di due facciate, a firma del presidente Bush, indirizzata a tutti i cittadini statunitensi, che inizia con la lapidaria frase “L’America è in guerra”, la National Security Strategy del 2006 consta di 49 pagine, ed è articolata in dieci paragrafi. Ogni paragrafo è suddiviso in tre parti: la prima è una sintesi della versione 2002 della NSS; la seconda la elencazione dei successi e degli obbiettivi conseguiti dal 2002 ad oggi; la terza, ove si indicano le vie da seguire nell’immediato futuro.
La immediata lettura della versione 2006 presenta due elementi chiave da evidenziare: si passa dall’isolazionismo ad una visione di leaderschip Usa nel mondo e dal protezionismo al libero commercio mondiale. Questi concetti sono da substrato ai paragrafi successivi di alcuni dei quali vediamo più da vicino i contenuti

Il Primo paragrafo (Overview of Amercia’s National Security Strategy), esordisce sottolineando che tutta la politica degli Stati Uniti è stata sempre volta a por termine alle tirannidi. Nel secolo appena trascorso sono stati combattuti e vinti il nazismo ed il comunismo. Ora è il tempo di nuove sfide ed il modo di affrontarle è contenuto in questa ultima edizione della National Security Strategy
Il Secondo paragrafo (Champion Aspiration for Human Dignity) è diviso in tre punti:
Summary of National Security Strategy 2002; Successes and Challenges since 2002 e il terzo The Way Ahead, che si articola in tre sottoparagrafi: 1) Explaining the Goal: Ending Tyranny; 2) Explaining the Goal: Promoting Effetive Democracies; 3)How We Will Advance Freedom: Principled in Goals and Pragmatic in Means.
Nella NSS del 2002 si sottolineava che gli Usa devono difendere la libertà e la democrazia in quanto queste sono un diritto inalienabile di tutti i popoli e non sono negoziabili con nulla. Il Governo degli Stati Uniti si adopera affinché la dignità dell’Uomo sia sempre ed ovunque rispettata.
Su questa base, vengono elencati i successi che si sono avuti dal 2002 ad oggi, con cenni alle conquiste in questo conteso in aree significative, come l’Afganistan e l’Iraq, ma anche in alcuni paesi del Medio Oriente (Libano, Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Kuwait e Marocco), in paesi dell’Europa Orientale in virtù delle varie rivoluzioni “colorate” (Georgia, Ucraina, Kyrgyzstan) e in paesi Dell’Africa e dell’America Latina.
Ma questi successi devono continuare. Le nazioni che godono della liberta e della democrazia devono assistere coloro che si vogliono svincolare e sottrarre alla tirannide.
La via per raggiungere questo è quella di porre fine ad ogni tirannide, e, nel contempo, promuovere una effettiva democrazia, che non deve essere disgiunta da una effettiva libertà. Ma tutto questo, si sottolinea, non è sufficente. E questo lo si evince dalla possibilità di avere libere elezioni, con tutto quello che ciò significa. Di pari passo la libertà delle leggi deve avere sostegno da un sistema giudiziario indipendente e lontano da ogni centro di potere che possa influenzarlo, assistito da un competente, onesto ed indipendente apparto di polizia. Questi principi hanno avuto un riscontro sul terreno dalle elezioni in Palestina con la vittoria di Hamas.
Infine vengono date le tracce su come far avanzare la libertà e il rispetto dell’uomo. La Libertà non può essere imposta, essa deve essere scelta. Gli Stati Uniti sono impegnati affinché questa scelta avvenga liberamente ed ogni sforzo viene messo in atto affinché si possa concretizzare. Vengono elencati oltre tredici punti in cui l’azione statunitense si deve esplicare in questo senso.
In particolare deve essere fatto ogni sforzo nel settore della libertà religiosa, nei diritti delle donne, nel campo del traffico degli essere umani.
Ognuno ha il diritto di pensare e professare la religione secondo i dettati della propria coscienza; i diritti delle donne devono essere protetti e ogni forma di schiavitù e di traffico di esseri umani va stroncata.
Il paragrafo si conclude con l’affermazione che questi aspetti devono essere posti a carico di ogni nazione libera, perché tutte le nazioni libere hanno interesse affinché la libertà si affermi sempre più.

Il Terzo paragrafo, tratta della guerra al terrorismo. La “vision” del 2002, predisposta praticamente all’indomani dell’attacco alle “twin towers”, è caratterizzata da un’impostazione messianica, lapidaria, ove la motivazione è da ricercarsi nelle espressioni del Presidente. In tale ambito, viene evidenziato che gli USA sono in guerra e non vi è alcuna distinzione fra i terroristi e chi li supporta: la priorità assoluta da perseguire è la distruzione delle organizzazioni terroristiche. L’Afghanistan va considerato come il primo passo della guerra intrapresa ed occorre focalizzare l’attenzione su organizzazioni o Stati sponsor del terrorismo e che possano o vogliano acquisire il possesso di armi di distruzioni di massa. Nei riguardi di tali attori e coerentemente con l’assenza di distinzioni tra terroristi e chi li supporta, gli USA si riservano il diritto di esercitare la propria autodifesa, anche in maniera unilaterale e preventiva. Peraltro, viene anche menzionata la possibilità di ricorrere al “soft power” per conseguire obiettivi quali la classificazione del terrorismo fra i crimini contro l’umanità, il sostegno ai Paesi Musulmani moderati – allo scopo di prevenire derive verso posizioni oltranziste – ed il rilancio della “pubblic diplomacy” per migliorare l’immagine degli USA nel mondo, la cui politica estera viene spesso letta in chiave negativa. In ultimo, la vision del 2002, pur rimarcando la supremazia dell’offensiva riguardo alla difesa nei confronti del terrorismo, evidenzia la necessità di rafforzare la “homeland security”.

L’impostazione della NSS del 2006 è significativamente meno messianica e più discorsiva. Viene comunque evidenziato che la guerra sarà lunga e potrà essere vinta con il supporto ed il concerto degli Alleati, per negare al terrorismo ciò di cui ha bisogno per sopravvivere: rifugi, flussi finanziari ed il supporto di determinati Stati fiancheggiatori. Tra i successi conseguiti, vengono indicati la significativa degradazione delle capacità operative di Al Qaeda, la convergenza a livello mondiale della generale avversione verso il terrorismo, inteso come deliberata uccisione di innocenti e la cooperazione ottenuta con molti Paesi per quanto concerne il contrasto al terrorismo, dei relativi flussi finanziari ed attività di cooperazione diplomatica e militare. Viene in particolare apprezzato il supporto di Paesi come il Pakistan e l’Arabia Saudita, un tempo considerati parte del problema. Per quanto concerne la “homeland security”, viene presentato quale successo l’adozione del Patriot Act.
Tuttavia, permangono sfide da contrastare: il terrorismo, pur senza una guida centralizzata continua a colpire (Spagna, Gran Bretagna, Cecenia, Giordania, Pakistan, Egitto ecc), l’Iraq è divenuto una motivazione per il reclutamento dei terroristi e Paesi come la Siria e l’Iran supportano il terrorismo.

Per quanto riguarda la strategia da perseguire, viene evidenziato che per vincere la guerra al terrorismo occorre vincere sia la guerra delle armi che quella delle idee (non una guerra di religione). In particolare il terrorismo potrà essere vinto solo con la progressiva affermazione della democrazia, dell’affermazione delle libertà fondamentali ed il conseguimento di un certo benessere tipico dell’economia di mercato in contrasto con un’ideologia di sopraffazione e morte tipica del terrorismo.Peraltro nell’immediato continuerà ad essere necessario il ricorso all’”hard power” per la neutralizzazione dei terroristi (ossia la loro uccisione o la loro cattura), prevenire l’acquisizione da parte loro di armi di distruzione di massa, eliminare il supporto al terrorismo da parte degli Stati canaglia e negare al terrorismo la possibilità di acquisire il controllo di Stati o parte di essi.Comunque, per vincere la guerra al terrorismo occorre vincere le battaglia in atto, ossia consolidare l’Afganistan come stato democratico e sostenere l’Iraq sino alla realizzazione di strutture istituzionali stabili e forze di sicurezza efficienti, nonché dell’economia di mercato capace di sostenere le istituzioni e migliorare la qualità della vita dei cittadini.

Il Quarto paragrafo, riguarda la gestione delle crisi regionali. Nella visione strategica del 2002, la gestione delle crisi regionali veniva vista soprattutto quale potenziale pericolo di coinvolgimento degli interessi degli USA, ciò sia quale conseguenza del loro possibile allargamento verso paesi limitrofi che quale potenziale opportunità per il terrorismo internazionale di inserirsi per acquisire il controllo di stati o di rifugi da cui operare. Peraltro, la possibilità di soluzione delle crisi viene ricondotta principalmente alla volontà di uscirne da parte di coloro che vi sono coinvolti anche se, talvolta, è possibile realizzare delle condizioni per una loro efficace gestione sia da pare degli stati confinanti che di organizzazioni regionali.

Tra le crisi in atto, eredità dei decenni precedenti, vengono tra l’altro individuate quelle del Darfur, la contrapposizione Etiopia- Eritrea, l’Uganda, il narcotraffico in Colombia, il Venezuela, Cuba ecc. Le prospettive del 2006 confermano la necessità di gestione delle crisi sia per il contrasto al terrorismo introducendo tra le motivazioni anche la prevenzione di disastri a carattere umanitario. Ciò da realizzarsi attraverso tre tipologie d’intervento:
. la prevenzione dei conflitti, conseguibile principalmente attraverso la realizzazione di organizzazioni regionali efficienti e la promozione della democrazia;
. le capacità d’intervento nei conflitti, con necessità di miglioramento delle capacità militari di organizzazioni quali la NATO ma anche delle Forze sotto mandato ONU in genere;
. efficaci misure post conflitto quali la stabilizzazione e la ricostruzione.
In ultimo viene evidenziato che, in ogni caso, non può essere tollerato il genocidio, inteso come deliberata intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo etnico o religioso di una nazione. In tal caso occorrerà l’intervento mirato a colpire i diretti responsabili piuttosto che la popolazione da essi governata, non escludendo tuttavia l’intervento armato, preferibilmente condotto da apposita coalizione operante sotto opportuno mandato internazionale.
In nessun caso un dibattito di natura dottrinale su cosa si intenda in termini giuridici per genocidio può scusare l’inazione ed occorre agire in tali frangenti anche se i contendenti non sono ancora disposti alla cessazione delle ostilità.

Il Quinto paragrafo, è dedicato alle armi di distruzione di massa. Nella NNS del 2002 si evidenziava che i pericoli che devono affrontare nel nuovo millennio gli USA sono oggi totalmente diversi, da quelli della guerra fredda, ed in particolare quelli derivanti dalla reale possibilità di subire attacchi terroristici con uso di armi di distruzione di massa.
Pur se l'attività diplomatica deve essere la via preferenziale per la risoluzione delle controversie, il governo americano afferma che la difesa dei propri cittadini e degli interessi statunitensi debba essere perseguita con ogni mezzo, anche militare, e prima che l'attacco del nemico possa essere sferrato (preemptive attack).
Negli ultimi quattro anni sono stati ottenuti brillanti risultati nell'applicazione degli accordi internazionali di non proliferazione anche se, nel caso del Iraq e dell'Afghanistan, è stato indispensabile ricorrere alla forza.

Nel futuro gli USA si impegnano nell'impedire l'accesso alle armi di distruzione di massa da parte di terroristi e di stati canaglia.
Ciò può essere fatto imponendo uno stretto controllo sul materiale fissile e sulla tecnologia nucleare, affrontando con decisione la questione iraniana (sia per lo sviluppo del nucleare a fini militari, sia per il supporto che quel paese dà alla causa terrorista) e verificando la puntuale esecuzione degli accordi del Six-Party Talks di settembre 2005 da parte della Corea del Nord.
Viene molto enfatizzata la necessità di mettere al sicuro il materiale fissile spesso conservato in modo poco sicuro nei depositi dell'ex unione sovietica, attraverso varie iniziative tra le quali spicca la GTRI (Global Threat Reduction Initiative).
Attenzione è data anche al possibile uso di armi biologiche o chimiche, la cui realizzazione è per certi versi più semplice e richiede minime infrastrutture.
Anche qui gli USA privilegiano la via diplomatica, ma nel contempo hanno avviato una serie di attività per neutralizzare o ridurre gli effetti di un’eventuale azione terroristica.
Nella nuova National Security Strategy in più parti è enfatizzata la necessità di agire, di non attendere che gli avvenimenti possano seriamente danneggiare il popolo americano e i suoi interessi. Si dà così vita ad una nuova triade composta da sistemi d'attacco (nucleari e convenzionali), difese attive passive, e infrastrutture sociali reattive.
Preemption è la parola chiave per evitare di essere vittime di un possibile attacco terroristico.

Il Sesto paragrafo, è dedicato al libero commercio. La libertà di un popolo è legata a filo doppio con maggior benessere economico. La libertà economica rende più forti di individui, i quali chiedono con maggior forza la libertà politica. Su questo semplice assioma è basata tutta la politica economica americana.
Per incrementare la libertà economica e la prosperità, gli USA promuovono il libero mercato, un sistema economico stabile, l'integrazione dell'economia globale e uno sviluppo energetico sicuro e pulito.
Negli ultimi quattro anni di Stati Uniti hanno lavorato a livello internazionale per eliminare i sussidi statali in agricoltura e per ridurre i programmi di supporto che creano distorsioni che riducono di fatto le capacità di crescita dei singoli paesi. Queste attività sono state svolte lanciando le negoziazioni nel corso della Doha Development Agenda del WTO. Nel 2003 le negoziazioni furono ravvivate dall'intervento USA e felicemente conclusa nel 2004 con gli accordi di Ginevra. Parallelamente sono stati sottoscritti 14 Free Trade Agreement (FTA) con altrettanti paesi (più 11 in corso di finalizzazione) per aprire i mercati, per supportare le riforme economiche e per creare nuove opportunità ai lavoratori e ai contadini americani.
Anche con le maggiori potenze industriali del mondo sono stati avviati incontri e negoziazioni per promuovere riforme strutturali ed incoraggiare la crescita, la stabilità e le opportunità in tutti gli altri paesi. Per quanto attiene ai miglioramenti nella sicurezza energetica e nella tutela ambientale, l'amministrazione ha lavorato con le istituzioni e con gli industriali per espandere i tipi e le sorgenti di energia, per aprire i mercati rafforzando le regole e le leggi, e sollecitando investimenti privati che possano portare a sviluppare nuove forme di energia per soddisfare la sempre crescente esigenza mondiale.

Nel futuro gli USA continueranno con gli obiettivi fissati nel 2002 e cioè il perseguimento di una libertà economica globale. Ad ogni nazione verrà chiesto in ambito WTO e tramite FTA bilaterali o regionali, di abolire le barriere doganali ed il dannoso meccanismo delle sovvenzioni statali di sostegno. Nell'ambito energetico sarà interattivo diversificare i tipi delle fonti di combustibili riducendo la dipendenza dall'estero oggi del 50%.
Sarà anche necessario riformare sistema finanziario internazionale per assicurare la necessaria stabilità e la crescita economica auspicata. Sessant'anni fa gli USA diedero vita allla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale che, anche se ancora vitali, devono però essere adattati alle nuove realtà. E necessario operare per creare un sistema finanziario internazionale più trasparente, sicuro e che possa essere oggetto di efficaci verifiche. In questo modo sarà possibile controbattere gli abusi e gli illeciti di criminali, terroristi, politici corrotti e trovare soluzione al riciclaggio di denaro sporco.

Non vi è lo spazio per descrivere nei dettagli il settimo, l’ottavo e il nono paragrafo, e si rimanda al documento ufficiale, disponibile sul sito della Casa Bianca, ma merita un po’ di attenzione il decimo Paragrafo (Engagé the Opportunities and Confront the Challenger of Globalization). Il concetto, concernente le opportunità che si possono cogliere con le sfide della globalizzazione, era stato indirettamente indicato nella NSS 2002.
L’espandersi del commercio mondiale, degli investimenti, della informazione e della tecnologia hanno visto gli Stati Uniti in una posizione di primo piano che ha favorito lo sviluppo e quindi un aumento significativo della qualità della vita sia del popolo americano che di quello del mondo intero. Molte altre nazioni hanno abbracciato questo principio e ne hanno avuto dei vantaggi.
Globalizzazione significa anche ulteriore circolazione di idee e di ideali, in altre parole un ulteriore livello acquisito di libertà. Tutto questo deve essere trasformato in sicurezza nazionale. La globalizzazione espone gli Stati Uniti a nuove sfide e li costringe a rivedere i modi ed i termini con cui affrontavano le vecchie sfide, ovvero viene messa in discussione la capacità statunitense di fare fronte alle nuove sfide.
Vengono riportati tre esempi:
. La Salute pubblica minacciata dalle pandemie (AIDS, Aviaria), che non conoscono confini.
. Il commercio illecito di droga, di organi di esseri umani, del sesso, che corrompe con il suo sviluppo il tradizionale senso di sicurezza e del rispetto della legge
. I disastri ambientali, come i tifoni devastanti, i terremoti, i tsunami.

Vengono quindi indicati sistemi e modi per affrontare queste sfide che la globalizzazione impone e che non possono essere non prese in esame in quanto incidono sulla sicurezza nazionale, anche se in modo non tradizionale.

XI La Conclusione
La conclusione è lapidaria. Le sfide che l’America ha di fronte sono grandi, ma l’America ha un enorme potere per influenzare le scelte per affrontare queste sfide.
I tempi richiedono una strategia circa la sicurezza nazionale di alto profilo.
La strategia, peraltro, è idealistica nei suoi obbiettivi, ma realistica nei mezzi per raggiungerli.

Nel paragrafo conclusivo emerge tutto il dramma dell’11 settembre 2001, li dove si sottolinea che un tempo vi erano due Oceani che potevano preservare e assicurare la sicurezza degli Stati Uniti; ora quei tempi sono passati. Gli Stati Uniti ( ma il termine usato è America) non possono conoscere pace, sicurezza e prosperità se si isolano dal mondo. Questa NNS è il documento che spiega a tutti come, in presenza delle sfide attuali, la sicurezza degli Stati Uniti può essere attuata.

E’ evidente che, se si vuole comprendere le linee guida della politica degli Usa nel mondo, occorre meditare e studiare questo documento, che rappresenta, spesso, la chiave di lettura, e di volta, di molte situazioni e di crisi e di contrasto nel mondo.

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