Il 2016 è stato l'anno in cui la cybersicurezza è
tornata agli onori della cronaca: merito in parte
dell'ombra degli hacker russi su Usa 2016, ma
anche di alcune sentenze epocali nel settore.
Tra big data, cyberattacchi e inevitabili gap legislativi,
che cosa riserva il cyberspazio per il 2017? In vista
del nuovo anno, oltre a suggerirvi gli eventi in agenda
da tenere d'occhio, iniziamo a mettere ordine su un
termine, populismo, di cui tanto si continuerà a parlare.
Il termine è stato spesso etichetta per una palette che
comprende dal Front National, all'Alternativa tedesca;
dai True Finss finlandesi ai pentastellati italiani.
Sono davvero tutti populisti?
Populismi Populisti europei, a nessuno entra la scarpetta di cristallo Eleonora Poli 22/12/2016
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Se è certo che i partiti populisti stanno emergendo sempre di più nella scena politica europea, non è chiaro che cosa li accomuni. Che si tratti di movimenti, attivisti o gruppi politici veri e propri, non c’è una definizione generale di populismo in grado di contenere le loro diverse sfumature.
Come suggerito dal filosofo britannico Isaiah Berlin, i ricercatori o gli accademici che cercano di definire il populismo cadono tutti nel paradosso teorico della scarpetta di Cenerentola. Per quanto il loro artefatto concettuale sembri perfetto, ogni volta che si cerca di farlo calzare a qualche partito, quest’ultimo risulta essere troppo piccolo o troppo grande, proprio come la scarpetta di cristallo della famosa fiaba.
Definire il populismo in base alle modalità di azione politica non è impossibile. Ad esempio, tutti i partiti populisti tendono a semplificare la realtà fornendo risposte uniche a domande complesse, dividono la società tra cittadini onesti da proteggere ed élite corrotte da combattere e ricercano la propria legittimità politica tramite un sostegno quasi assoluto a forme di democrazia diretta, in grado di esprimere al meglio la volontà del popolo.
Tuttavia, i partiti populisti hanno narrative diverse e possono adottare una o più delle modalità d’azione sopra riportate. Da non dimenticare che anche i partiti tradizionali possono, molto spesso per questioni di convenienza politica, adottare una dialettica o un modus operandi di stampo populista.
Eurocritici ed euroscettici Al di là della classificazione sviluppata da Tamás Boros, su come l’Unione europea, Ue, sia divisa da una cortina di ferro tra nord - dominato da populisti di destra - e sud, - di sinistra - (il Movimento 5 Stelle è al di fuori di questi schemi) i partititi populisti sono stati anche classificati a seconda della loro inclinazione più o meno sfavorevole verso l’Ue.
I partiti populisti eurocritici sostengono la necessità di riformare, non distruggere, l’Ue, mentre i partiti euroscettici sono più propensi a smantellare l’Unione per riaffermare la propria sovranità nazionale.Tuttavia, questa stessa definizione è stata abusata più volte e partiti che per loro natura sembrano essere più antieuropei si sono a volte definiti eurocritici o euroscettici soft per raccogliere il sostegno degli elettori più moderati.
Risposte populiste all’immigrazione Anche quest’ultima catalogazione non è però esaustiva. Per un’analisi più affidabile conviene studiare le posizioni dei principali partiti populisti riguardo alle politiche comuni europee.
I temi caldi su cui si attanagliano le campagne dei partiti populisti sono quelli chiave per definire l’assetto dell’Ue: le politiche di migrazione e sicurezza, il libero movimento intra-europeo ela governance economica e monetaria.
La crisi migratoria è stata un forte strumento di propaganda usato da diversi partiti populisti. In particolare il Partito di Diritto e Giustizia (Pis) in Polonia, l’Alleanza Civica Ungherese (Fidesz) in Ungheria, che sono entrambi al governo, hanno più volte affermato che i loro Paesi non accoglieranno quote di richiedenti asilo da ricollocare, come deciso dalla Commissione europea.
Per il Pis, il problema si basa sull’incompatibilità culturale, che non permetterebbe ai migranti, soprattutto quelli provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, di integrarsi, ma anche su una questione di sicurezza nazionale, posizione quest’ultima, pienamente condivisa da Fidesz.
Sebbene il Front National Francese e l’Alternativa per la Germania assieme anche alla Lega Nord sostengano una prospettiva analoga, quest’ultimi, assieme al Movimento 5 Stelle, hanno anche adottato forme di nazionalismo economico, affermando che prima di provvedere ai migranti, è imperativo affrontare le situazioni di indigenza nazionali.
Invece, partiti populisti come Podemos in Spagna e Syriza in Grecia hanno adottato un tipo di retorica inclusiva e si dichiarano a favore di politiche di integrazione dei migranti e richiedenti asilo.
Allo stesso tempo, il Front National, l’Alternativa per la Germania, Afd, ma anche i True Finns della Finlandia, il Partito della Libertà Olandese (Pvv) e il Partito della Libertà austriaco non sono favorevoli a Schengen, mentre i partiti populisti provenienti da Paesi membri meno economicamente forti, sia a Sud che ad Est, puntano alla chiusura delle frontiere esterne, ma al mantenimento della libertà di circolazione interna per assicurare ai loro cittadini accesso a mercati del lavoro più promettenti in altri Paesi membri.
In questo senso per fornire una mappa più realistica delle tendenze populiste europee, non solo si deve tenere in considerazione la divisione ideologica, che vede i partiti di destra avere un nazionalismo più accentuato, ma anche le diversità relative alle condizione socio economiche dei Paesi di riferimento. Ad esempio, partiti come il Pis e il Fidesz si definiscono euroscettici soft proprio per il loro sostegno alla libertà di movimento intra-europea e la loro retorica nazionalista ed anti-europea si scontra con la volontà di rimanere membri dell’Ue.
Euro e dilemma populista Un trend simile caratterizza le questioni legate alle politiche monetarie ed economiche. Ad esempio, il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord sostengono un referendum sull’euro. Similmente, anche il Front National, l’Afd e il Pvv si dichiarano contro la moneta unica. Tuttavia, per l’Italia e la Francia, la questione della sovranità monetaria è legata alla possibilità per i due Paesi di svalutare la propria moneta e far pronte, almeno nel breve periodo, alla crisi economica.
Per l’Afd e il Pvv invece, il rafforzamento dell’eurozona è problematico perché indebolisce la sovranità nazionale. In effetti, soprattutto nel caso della Germania, la moneta unica ha garantito più competitività, maggiori esportazioni e un accesso più facile ai mercati dei Paesi membri. Per questo motivo, l’Afd è meno vocale nel dichiarare il suo intento a far uscire il proprio Paese dall’euro. È invece convinto che la Grecia dovrebbe essere forzata ad uscirne, al fine di salvaguardare l’economia nazionale tedesca.
Podemos e Syriza invece, puntano a un maggior coordinamento delle politiche economiche e monetarie in riflesso ai bisogni sociali. In realtà, quest’ultimo punto è anche sostenuto dai 5 Stelle che hanno più volte dichiarato la necessità di introdurre un reddito di cittadinanza in Italia sul modello già adottato da diversi Paesi membri.
Al di là dell’ideologia politica, i populismi in Europa nascono e sono alimentati da quella che viene percepita come una mancata risposta europea alle necessità dei propri cittadini che si sentono traditi dai partiti politici tradizionali, incapaci di garantire la sicurezza ed un’equa redistribuzione del welfare.
Ridurre la divisone di partiti populisti tra euroscettici e eurocritici può facilitare una macro categorizzazione, ma di fatto non aiuta a individuare quelle che siano le istanze rappresentate da ognuno di questi partiti, sulla base delle quali l’Ue e i partiti tradizionali devono costruire delle contro-risposte credibili.
Eleonora Poli è ricercatrice dello IAI.
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